In ricordo di Cesare Voci (1940-2015)

Cesare Voci

Con Cesare Voci perdo un amico carissimo.

Frequentammo assieme il corso di Laurea in Fisica a Padova per i quattro anni. Cesare riusciva a preparare gli esami con efficienza, velocità e sicurezza maggiori di tutti noi, ottenendo sempre il massimo dei voti. Parlare con lui prima di un esame comunicava sicurezza e avvicinargli lo “statino”, si diceva, portava fortuna. L’attività goliardica non mancava, richiedendo fantasia, humor e, anche in questo caso, preparazione.

Si laureò con la lode nella sessione autunnale del quarto anno, il 1962, con Luciano Guerriero. La tesi fu su di un esperimento di produzione di mesoni π0 e η al protosincrotrone di Brookhaven, con la tecnica delle camere a scintilla ottiche. Seguì un periodo di attività a BNL, con base al MIT a Boston, nel gruppo di I. Pless.

Dopo che nel 1967 Guerriero vinse la cattedra di Fisica Generale a Bari, fu Cesare ad prendere gradualmente la guida del gruppo padovano, e decise di spostare l’attività di ricerca al CERN. Nella dozzina di anni successiva, si susseguirono esperimenti sulla misura delle sezioni d’urto di p + p → π+ + π-, K0L + p → K0S + p, p + p → p+p su protoni polarizzati. A questi si aggiunse la misura dell’annichilazione di antiprotoni a riposo, dall’anello di accumulazione a bassa energia LEAR, p + p → e+ + e-. Questi esperimenti si svolsero in collaborazioni almeno in parte diverse, ma in tutti si vede un filo logico comune, proprio di Voci, la ricerca su processi cinematicamente semplici, che potesse fornire alcune risposte non ambigue sulla dinamica delle interazioni forti, in un periodo nel quale non c’era ancora una teoria.

La seconda caratteristica è l’arte sperimentale nello sviluppo e l’impiego di rivelatori nuovi, nell’evoluzione delle tecniche: dalle camere a scintilla a lettura magnetostrittiva di grandi dimensioni, alle camere proporzionali a molti fili, ai tubi a streamer limitata. Questo periodo si concluse, negli anni ’80, con l’esperimento FENICE per lo studio dei processi e+ + e- → n + n e e+ + e- → p + p, di nuovo quindi, come a LEAR, sul fattore di forma dei nucleoni nella zona di tipo tempo, al collisore ADONE nei Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN, del quale Cesare fu leader.

Ma ormai gli esperimenti di fisica subnucleare avevano assunto dimensioni molto più grandi e Voci fu un leader nell’esperimento ZEUS al collisore elettroneprotone HERA a DESY (Amburgo), che permetteva lo studio con risoluzione spaziale insuperata della struttura interna del protone, e nell’esperimento BaBAR, al collisore elettrone positrone PEP2 a SLAC (Stanford), per l’indagine della violazione della simmetria CP nel settore dei quark con “beauty”.

Dal 1991 al 1997 Voci fu il Direttore della Sezione di Padova dell’INFN e, immediatamente dopo e sino al 2003, Direttore del Dipartimento di Fisica dell’Università di Padova. Le linee guida di politica scientifica e pianificazione delle risorse da lui impostate continuarono nei loro positivi effetti per parecchi anni a seguire. Il suo impegno di governo universitario divenne dedizione completa come pro-rettore e successivamente delegato alla didattica dal 2003 e anche al budget docenza dal 2007. Le sue caratteristiche di chiara visione dei problemi e sicura proposizione di soluzioni che fossero largamente condivisibili, il suo quotidiano lavoro, sino agli ultimi giorni, diedero contributi al governo della “sua” Università che non saranno dimenticati. Si deve certamente alla sua visione e pianificazione politica se l’Università di Padova ha potuto assumere ogni anno, in un periodo così difficile, molte decine di giovani ricercatori, entro una gestione rigorosa del bilancio.

Infine, ma non per questo di minor importanza, Cesare fu un ottimo insegnante. Assistente ordinario dal 1964, fu professore ordinario di Fisica dal 1980, presso la Facoltà di Ingegneria. Le sue lezioni erano chiare e amate dagli studenti. Fu coautore di libri di testo e di esercizi, che ebbero e continuano ad avere, per la loro chiarezza e completezza, grande successo in molte università nazionali. Ebbi occasione di vederne il manoscritto che stava preparando per una delle edizioni che si susseguirono. Ne scorsi molte pagine. Erano scritte a mano, in precisa e ordinata calligrafia. Non c’era una singola correzione.

Ci sentimmo per telefono prima di Natale, quando era in clinica per una ricaduta, dalla quale, mi disse, si era ripreso, trovando modo, ancora una volta, di rassicurarmi.


A. Bettini
Università di Padova