Mario Tonin (1935-2016)

M. Tonin

Il 13 aprile 2016 si è spento a Padova Mario Tonin, scienziato di rara cultura, dotato di grande originalità e fantasia. Nato al Cairo il 4 gennaio 1935, si trasferì con la famiglia a Venezia prima dell’inizio della seconda guerra mondiale, e in quella città trascorse tutta la sua carriera scolastica fino alla maturità classica. Si laureò in Fisica all’Università di Padova nel febbraio del 1958 con il massimo dei voti e la lode. Dipendente dell’INFN nel periodo 1959/66, nel 1966 ottenne un posto di assistente di ruolo all’Università di Padova. Conseguita la libera docenza in Fisica Teorica nel 1963, nel 1969 risultò vincitore nel concorso di Teoria dei Campi e fu chiamato alla cattedra di Istituzioni di Fisica Teorica presso la Facoltà di Scienze della stessa Università. In quiescenza nel 2010, fu in seguito nominato Professore Emerito di Fisica Teorica.

Oltre al corso istituzionale, tenne diversi incarichi di insegnamento per il Corso di Laurea e per il Corso di Dottorato di Ricerca in Fisica presso varie università e alla SISSA di Trieste. Collaborò attivamente con diversi ricercatori italiani e stranieri, in particolare presso il CERN di Ginevra. Partecipò a varie iniziative specifiche dell’INFN. Coordinatore di progetti di ricerca internazionali, fu tra i primi organizzatori di una vasta cooperazione europea nell’ambito della Teoria delle Stringhe.

Non incontrai Mario quando era studente; in quel periodo ero all’estero, ma avevo sentito parlare di lui come di uno studente eccezionale. Ci conoscemmo un paio d’anni dopo la sua laurea, all’inizio degli anni ’60; diventammo subito amici e da allora abbiamo condiviso molte esperienze accademiche e private, di lavoro e di svago.

Il periodo iniziale della carriera accademica di Mario non fu molto facile. Pur consapevole delle sue capacità intellettuali, era piuttosto schivo e insicuro; non gli piaceva parlare in pubblico, non amava viaggiare e allontanarsi da Padova o da Venezia. Ricordo il suo primo seminario nell’allora Istituto di Fisica di Padova; a quel tempo non esistevano gli odierni ausili tecnologici e si dovevano scrivere le formule col gesso sulla lavagna. Mario, in parte per la sua difficoltà nel coordinare i movimenti fin dalla nascita, in parte per la presenza del Prof. Nicolò Dallaporta, era piuttosto intimorito e impacciato. Ma la sua forza d’animo e la sua tenacia, uniti al suo spiccato senso dell’umorismo, gli permisero di acquisire sempre maggior sicurezza e disinvoltura.

La volontà di cimentarsi sia con problemi ardui nella ricerca, sia con situazioni difficili nella vita normale rappresentava una sorta di sfida con sé stesso. Un’estate lo convinsi a frequentare con un gruppo di amici una scuola di sci allo Stelvio; si applicò con grande impegno e, in seguito, riuscì a scendere anche per la pista della Marmolada! Anche quella fu una conquista che lo aiutò ad acquistare maggior fiducia in sé stesso.

Ebbi la fortuna di collaborare con lui occasionalmente dopo il 1975 e quindi di conoscere a fondo le sue doti intellettuali: il suo intuito straordinario gli consentiva spesso di prevedere il risultato di una ricerca, e poi di cercarne una dimostrazione rigorosa. Aveva sviluppato la capacità di eseguire mentalmente calcoli anche complessi, e così evitava di scrivere tutti i passaggi intermedi. Era appassionato alla ricerca ed era felice quando otteneva un risultato nuovo e interessante, che voleva subito condividere con i suoi allievi. L’entusiasmo si affievoliva invece quando si trattava di redigere il testo per la pubblicazione.

Importante per la sua carriera fu la collaborazione con Sergio Fubini, chiamato nel 1959 a Padova su una cattedra di Fisica Teorica. Fubini, uno dei principali protagonisti internazionali della Fisica delle particelle, diede grande impulso al gruppo padovano di Fisica teorica, che divenne un vivace polo di attrazione per colleghi italiani e stranieri. Mario fu il suo più giovane collaboratore. Fu una scelta felice per entrambi da diversi punti di vista; iniziò una lunga, intensa e proficua collaborazione. Dopo un biennio Fubini si trasferì a Torino e convinse Mario a seguirlo. Nei due anni che passò a Torino, l’unico periodo prolungato che trascorse fuori sede, Mario riuscì a superare del tutto le sue insicurezze iniziali e ad entrare attivamente nel mondo internazionale della ricerca.

Rientrato a Padova, era ormai diventato un esperto ricercatore, in grado di produrre risultati originali e innovativi. Il suo lavoro si svolse principalmente nel settore della Fisica teorica delle particelle e, in particolare, nella Teoria dei Campi. Molti dei suoi risultati hanno avuto notevole risonanza e sono stati ripetutamente citati nella letteratura.

La sua lunga e intensa attività scientifica può essere suddivisa in diversi periodi. In un primo periodo, Mario si occupò della costruzione di modelli fenomenologici e del loro confronto con i dati sperimentali. Per la fisica delle particelle, quello fu un periodo di rapida evoluzione, ricco di fermenti, di scoperte, di nuove idee. Venivano proposti vari modelli, la maggioranza dei quali aveva una vita molto breve. È notevole il fatto che diversi contributi ottenuti da Mario, a cinquant’anni di distanza, conservino tuttora validi elementi che sono stati precursori di importanti sviluppi. Tra questi risultati, va ricordata la formulazione, assieme a Fubini e collaboratori, del modello multiperiferico, che fornì una base teorica alle proprietà della diffusione di particelle ad altissima energia e al comportamento previsto dalla congettura dei poli di Regge.

Una seconda serie di lavori fu dedicata alle simmetrie delle particelle elementari, all’algebra delle correnti e alle regole di somma che collegano quantità relative alle interazioni deboli e forti. In collaborazione con Raul Gatto e collaboratori fu analizzato il problema delle divergenze che si presentano nel calcolo delle differenze di massa degli adroni. L’assenza di tali divergenze richiedeva che venissero soddisfatte alcune relazioni che permisero di determinare per la prima volta il valore dell’angolo di Cabibbo, parametro fondamentale che compare nelle correnti deboli, che risultò in ottimo accordo con il valore sperimentale.

Le preferenze di Mario, piuttosto che alla fenomenologia, andavano alla formulazione rigorosa di teorie fisico-matematiche. Tuttavia egli non tralasciava di tenersi sempre al corrente dei risultati sperimentali.

A partire dalla seconda metà degli anni ’90 Mario si dedicò a problematiche sempre più astratte, che richiedevano l’impiego di formalismi matematici nuovi. In una serie di importanti lavori, che riguardano le teorie di campo di gauge, trattò il problema delle anomalie che si presentano quando si analizzano le simmetrie a livello quantistico.

Va citata la sua dimostrazione rigorosa della congettura di Adler-Bardeen, secondo cui se l’anomalia chirale è assente al primo ordine perturbativo, la sua assenza è garantita a tutti gli ordini. Con l’introduzione della supersimmetria, cioè della simmetria rispetto allo scambio tra bosoni e fermioni, le teorie di campo venivano formulate in uno spazio ampliato con l’aggiunta di variabili anti-commutanti, il cosiddetto superspazio. Questa formulazione suggerì a Mario un’interpretazione geometrica della simmetria BRS (Becchi, Rouet e Stora) di grande importanza per la rinormalizzazione delle teorie di gauge.

L’attenzione prevalente di Mario si focalizzò in seguito sulle teorie delle stringhe, in cui le particelle elementari sono descritte come vibrazioni di stringhe o membrane in più dimensioni. Vanno citati soprattutto i suoi lavori sulla formulazione di teorie di superstringhe tramite puri spinori, approccio fondamentale per ottenere la quantizzazione covariante. Il contributo rilevante di Mario è stato riconosciuto dalla comunità scientifica.

Mario non ha mai interrotto la sua attività di ricerca. Il Dipartimento di Fisica di Padova era la sua seconda casa, che non ha mai cessato di frequentare. Qualche settimana prima della sua scomparsa, è stato pubblicato l’ultimo suo lavoro, in cui ha trattato il problema della rottura spontanea della supergravità.

Va sottolineato il suo importante ruolo di educatore: in particolare, va ricordato che generazioni di studenti si sono formate alle sue splendide lezioni di Meccanica Quantistica, che svolgeva con grande rigore e chiarezza e soprattutto con grande passione. È stato inoltre un vero maestro che ha avviato alla carriera scientifica decine di giovani, che sono diventati noti a livello internazionale.

Mario era un raffinato cultore della bellezza in tutte le sue manifestazioni: nella scienza, nelle arti (in special modo nella pittura) e nella letteratura. Per lui la fisica teorica era una forma d’arte e la bellezza un criterio importante anche per valutare la validità di una teoria. Amava i paradossi: se una teoria è autoconsistente, bella ed elegante – soleva dire – deve essere vera. È stato sempre pieno di interessi e di fantasia e le conversazioni con lui erano sempre stimolanti; su ogni argomento aveva opinioni precise e originali, che difendeva con grande convinzione.

L’ultimo periodo della sua vita è stato particolarmente felice; aveva sempre desiderato di avere una compagna e questo sogno si realizzò quando conobbe Maria Grazia che sposò nell’autunno del 2009.

Se n’è andato all’improvviso, ancora pieno di vitalità ed entusiasmo, e così vogliamo ricordarlo. Abbiamo perso una persona davvero speciale, di cui rimpiangiamo la grande umanità, la generosità, la sottile ironia e il profondo senso dell’amicizia.


Giovanni Costa
Università di Padova