Lodovico Riccati (1947-2020)

Lodovico Riccati

Lo scorso 18 marzo è mancato Lodovico Riccati, ex Dirigente di Ricerca presso la Sezione di Torino dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, riconosciuto a livello internazionale per le sue qualità di leadership nella fisica sperimentale e in particolare come assoluto protagonista nella partecipazione italiana al programma di ricerca con collisioni di ioni pesanti al CERN.

Nato nel 1947, Lodovico si è laureato in Fisica all’Università di Torino nel dicembre 1972 con Carlo Franzinetti.

Dopo il servizio militare, prestato come sottotenente di complemento nel corpo degli Alpini, ha iniziato la sua carriera come contrattista all’Università, svolgendo esercitazioni per i corsi di Struttura della Materia e Istituzioni di Fisica Teorica. Nel 1980 ha vinto il concorso di Ricercatore Universitario e all’inizio del 1983 è passato all’INFN, dove ha svolto tutta la carriera successiva, in una lunga serie di esperimenti svolti al CERN.

Nel 1989 ha vinto il concorso per Dirigente di Ricerca, il grado più elevato dell’INFN. È poi stato Direttore della Sezione INFN di Torino per due mandati successivi, dal 1997 al 2003. I primi passi della carriera scientifica di Lodovico nel gruppo Alte Energie diretto da Carlo Franzinetti si sono svolti in esperimenti con fasci di neutrini al CERN, che utilizzavano tecniche visualizzanti: camere a bolle (Gargamelle e BEBC, la Big European Bubble Chamber) ed emulsioni nucleari.

L’esperimento WA25 (1976-1983) ha registrato più di mezzo milione di fotogrammi di interazioni su deuterio in BEBC e ha prodotto importanti risultati sulle funzioni di struttura del protone e del neutrone e sulle funzioni di frammentazione. L’esperimento WA17, con uno stack di emulsioni nucleari di fronte a BEBC, ha permesso di raccogliere nel 1977 i primi 8 eventi con decadimenti di adroni con charm, a soli due anni dalla scoperta del charm nascosto nella J/ψ (novembre 1974).

Lodovico in questa fase ha contribuito a sviluppare i programmi di ricostruzione delle tracce in camera a bolle, basata sulle misure effettuate dai tecnici osservatori.

All’inizio degli anni '80 l’interesse del gruppo di Torino si è rivolto alla produzione adronica (con fasci di pioni di 300–350 GeV) dei quark pesanti, charm e beauty (scoperto nel 1977). Anche la strategia sperimentale è cambiata, in effetti era l’epoca d’oro degli esperimenti ibridi, in cui si univano tecniche visualizzanti ed elettroniche. In particolare il gruppo ha intensificato la collaborazione con quello diretto da Paul Musset al CERN, già famoso per la scoperta delle correnti deboli neutre.

Un primo tentativo di misura della produzione di beauty con bersaglio di emulsioni, camere a filo e trigger su coppie di muoni, con l’esperimento NA19, ha permesso solo di stabilire un limite superiore alla sezione d’urto.

L’esperimento WA75, con uno spettrometro di muoni, bersaglio di emulsioni (ben 80 litri) e con innovativi rivelatori a microstrip di silicio per localizzare con precisione il fascio incidente e il vertice di interazione ha avuto successo: sono stati ricostruiti circa 300 eventi con produzione di charm e il primo evento di produzione associata di due mesoni con beauty.

A seguire, l’esperimento WA78 ha combinato lo spettrometro di muoni di WA75 con un calorimetro a uranio e scintillatore, permettendo misure ad alta statistica della produzione di beauty e di charm su vari bersagli nucleari.

Lodovico ha avuto ruoli di crescente responsabilità in questi esperimenti, e ha dimostrato una chiara visione nella ricerca di nuove collaborazioni per accrescere le competenze e il peso specifico del gruppo di Torino.

Negli anni 1984-90 è stato coordinatore del Gruppo II dell’INFN per la Sezione di Torino e membro della Commissione Scientifica Nazionale II, facendo da referee ad importanti esperimenti, tra cui Wizard.

Lodovico ha promosso la collaborazione tra il gruppo del CNR (guidato da Carlo Castagnoli) e il gruppo Università-INFN, e ha partecipato personalmente all’esperimento EAS-TOP al Gran Sasso nell’arco temporale che va dal 1988 al 1997.

Nel suo ruolo di Coordinatore del Gruppo II ha gestito con maestria la transizione dei tecnici osservatori a nuove mansioni, ormai necessaria dato il prevalere delle tecniche elettroniche rispetto a quelle visualizzanti. La metà degli anni ‘80 ha visto l’inizio di una nuova linea di fisica al CERN, gli esperimenti con fasci di ioni (inizialmente ossigeno e zolfo, in seguito piombo) che avevano l’obiettivo di ricreare in laboratorio condizioni di elevata densità di energia, simili a quelle ipotizzate per l’Universo primordiale, in modo da produrre uno stato della materia in cui i quark e i gluoni sono deconfinati: il Quark Gluon Plasma.

Lodovico ha avuto un ruolo di protagonista nella ricerca di nuove collaborazioni a livello italiano e internazionale e nello sviluppo di rivelatori innovativi. Ricordiamo i rapporti di amicizia nati da queste collaborazioni, in particolare con Chris Fabjan (CERN), Hans Gutbrod (GSI) e Reinhard Stock (Goethe- Universität, Frankfurt). L’esperimento di prima generazione con fasci di ioni leggeri al CERN, in cui il gruppo di Torino è entrato nel 1985, è stato NA34 (HELIOS). Il gruppo di Torino ha contribuito con lo sviluppo di rivelatori a scintillatore per NA34/1 (con fasci di protoni) e con rivelatori a silicio per NA34/2 (con fasci di ossigeno e zolfo) e NA34/3 (un follow-up dedicato alla produzione di dimuoni).

I principali risultati sono stati le misure di energia trasversa e molteplicità, lo studio degli spettri di pioni e di fotoni, e la dissociazione elettromagnetica del proiettile. Questi risultati hanno avuto un ruolo importante per il nascente campo di ricerca e hanno stimolato la progettazione di esperimenti di seconda generazione. Dopo la prima generazione di esperimenti con fasci di ioni leggeri, nei primi anni ‘90 i tempi erano infatti maturi per passare a una seconda fase del programma sperimentale, utilizzando nuclei davvero pesanti quali il 208Pb. Per realizzare questo obiettivo è stato necessario aggiornare il complesso di acceleratori del CERN di cui l’SPS era il componente ultimo. In particolare occorreva costruire una nuova sorgente di ioni e un nuovo acceleratore lineare (Linac 3) per alimentare il Proton Synchrotron Booster.

Lodovico ha avuto un ruolo di primo piano nella realizzazione della nuova infrastruttura dedicata agli ioni pesanti, collaborando con il gruppo del CERN guidato da Helmut Haseroth. Inoltre ha portato a Torino la responsabilità di fornire le linee di trasporto ad alta energia a valle del Linac, mentre il trasporto del fascio a bassa energia, dalla sorgente al Linac, è stato costruito presso i Laboratori Nazionali di Legnaro, a testimonianza di un coinvolgimento crescente della comunità italiana in questo tipo di fisica.

Per quanto riguarda la sperimentazione con il nuovo fascio di 208Pb, il ruolo di Lodovico è stato fondamentale per stabilire nuove collaborazioni internazionali, in particolare con il gruppo dell’Ecole Polytechnique diretto da Louis Kluberg, ma anche a livello italiano. Infatti per la prima volta si sono trovati a collaborare ricercatori provenienti da due tradizioni separate: particellari (ormai confluiti nel Gruppo I dell’INFN) e nucleari (Gruppo III dell’INFN).

L’esperimento NA50, di cui Lodovico è stato responsabile nazionale in gruppo I, ha rappresentato un salto di qualità nelle competenze del gruppo, che ha sviluppato rivelatori a silicio con elettronica di frontend resistente alla radiazione per la misura della molteplicità di particelle cariche, mentre la componente nucleare, guidata dal prof. Emilio Chiavassa, ha sviluppato un innovativo calorimetro a zero gradi basato su fibre di quarzo. L’esperimento che ha preso dati dal 1995 al 2000 ha ottenuto risultati fondamentali, in primis la soppressione della produzione della J/ψ in collisioni centrali Pb-Pb, ma non solo.

I risultati di NA50 sono stati determinanti per arrivare, il 10 febbraio 2000, all’annuncio del CERN dal titolo “New State of Matter created at CERN” fatto dal Direttore Generale Luciano Maiani e dai responsabili degli esperimenti.

In questi anni Lodovico ha inoltre esplorato nuove tecniche di rivelazione in diversi campi, nell’ambito del Gruppo V dell’INFN: calorimetria a campionamento con rivelatori a silicio (esperimento SICAPO), studio del danneggiamento da radiazione in rivelatori a silicio per le alte luminosità previste al Large Hadron Collider (LHC) (esperimenti SITRK e RD20), sviluppo dei rivelatori a deriva a silicio (DSI). Ricordiamo i rapporti di amicizia nati da queste ricerche, in particolare con Claude Leroy (Université de Montréal) e Paul Burger (Canberra Semiconductor).

Questi sviluppi tecnologici sono stati decisivi per la fase sperimentale successiva, che ha portato alla nascita della collaborazione ALICE a LHC.

Il primo pilot run a LHC è avvenuto il 23 novembre 2009, ma la lettera di intenti che ha definito la nascita della collaborazione ALICE è di sedici anni prima (marzo 1993), quando la sperimentazione con ioni piombo all’SPS non era ancora partita. Nella lettera di intenti era già presentata chiaramente la struttura del rivelatore di tracciamento interno (ITS) di ALICE di cui Lodovico è stato il Project Leader fino al 2011. In particolare Lodovico ha avuto la responsabilità di uno dei tre sottosistemi che hanno costituito l’ITS: il Silicon Drift Detector (SDD) che è stato progettato dai gruppi di Torino, Bologna, Roma, Trieste, Praga, San Pietroburgo e Kiev, e poi realizzato e assemblato presso il laboratorio tecnologico della sezione INFN di Torino. È stato un rivelatore innovativo, il più grande mai realizzato con questa tecnologia, costituito da 260 sensori disposti su due strati a simmetria cilindrica, costruiti con silicio ad alta resistività, drogato in modo molto uniforme. Questi sensori fornivano un’informazione bidimensionale delle coordinate di impatto di una particella carica sulla loro superficie, con una risoluzione pari a ~30 μm. La lettura bidimensionale era possibile attraverso una segmentazione in 256 x2 anodi lungo la coordinata longitudinale e alla misura del tempo impiegato dagli elettroni prodotti dalle particelle ionizzanti per raggiungere gli anodi, grazie alla presenza di un campo elettrico di deriva uniforme lungo la direzione trasversale. La lettura analogica consentiva, grazie all’elettronica di front-end interamente progettata dall’INFN, anche la determinazione della ionizzazione specifica, necessaria per l’identificazione di particelle. La progettazione delle svariate componenti del rivelatore, dal sensore alla meccanica e all’elettronica di lettura, hanno richiesto anni di lavoro intenso durante i quali Lodovico è sempre stato la persona di riferimento, culminati nell’assemblaggio finale, che ha seguito personalmente con una presenza costante in laboratorio a Torino prima e, successivamente, al CERN per coordinare i test e l’installazione dell’ITS nella zona sperimentale. Il rivelatore è stato installato secondo le specifiche e i tempi previsti nel 2007 ed ha funzionato in modo eccellente fino al termine della presa dati di LHC nel 2018, come previsto.

La costruzione e la gestione dell’ITS nel suo insieme, a cui hanno partecipato con ruoli di grande responsabilità le sedi di Bari, Padova e Trieste, è stato un grande successo della comunità italiana, per il quale le doti di leadership e il carisma personale di Lodovico hanno giocato un ruolo determinante. Nella sua veste di responsabile di progetto, Lodovico ha sempre fatto parte della struttura di management dell’esperimento, guadagnandosi il rispetto e la stima dei colleghi al punto da essere nominato presidente del Collaboration Board dal 2005 al 2010.

Per terminare questo excursus scientifico non possiamo dimenticare le doti umane di Lodovico e la sua grande capacità di capire e interagire con le persone per ottenere da loro il meglio, sempre nel rispetto dei loro desideri e delle loro passioni. Una capacità intuitiva che sapeva esercitare al meglio con i più giovani, riuscendo sempre a indirizzarli dove più avrebbero saputo dare un buon contributo scientifico, e garantendo loro sempre una grande libertà di ricerca. Ricordiamo inoltre l’abilità nel dirigere gruppi di ricercatori di diverse estrazioni con grande determinazione e rispetto, e con un senso d’ironia che riusciva a conferire un senso di leggerezza anche ai lavori più faticosi come la costruzione del Silicon Drift Detector di Alice. Forse questo, più di tutto, ce lo fa ricordare con un profondo senso di nostalgia.


Bruno Alessandro
INFN, Sezione di Torino

Paolo Giubellino
INFN, Sezione di Torino

Massimo Masera
Dipartimento di Fisica, Università di Torino

Francesco Prino
INFN, Sezione di Torino

Luciano Ramello
Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica, Università del Piemonte Orientale