Antonino Pullia (1935-2020)

Antonino Pullia

Antonino Pullia, Tonino per i famigliari e per gli amici, l’ho conosciuto da sempre: abbiamo fatto lo stesso liceo, nella stessa classe, e studiato insieme giorno e notte per preparare l’esame di maturità. Poi ci siamo rincontrati a Fisica.

Tonino è nato a Milano, dove ha svolto i suoi studi: dopo aver frequentato il liceo classico al Berchet, si è iscritto alla Facoltà di Ingegneria del Politecnico. Però, una volta terminato il biennio, ha preso la decisione che avrebbe determinato la sua vita: si è trasferito da Ingegneria a Fisica. Aveva infatti nel frattempo capito che il mondo della fisica era affascinante e che lo intrigava molto di più dell’ingegneria. Si è così laureato in Fisica, con una tesi di chimica fisica.

Tuttavia Tonino era insoddisfatto, voleva lavorare su temi più fondamentali. Ne parlammo e io gli consigliai di andare a discuterne con Ettore Fiorini, che allora era il coordinatore di un gruppetto di fisica delle particelle, del quale facevo parte anch’io. Per la fisica delle particelle era quello un periodo singolare e pieno di futuro, di transizione fra la fine del lavoro con i raggi cosmici, con presa dati in alta montagna, e l’inizio della ricerca con gli acceleratori. A Milano il gran capo della fisica delle particelle era Giuseppe “Beppo” Occhialini, che in quegli anni lavorava ancora con le emulsioni nucleari, essendone stato praticamente l’inventore. Tonino entrò così nel nostro gruppo.

L’Istituto di Fisica di Milano aveva la propria sede in via Saldini, nel cosiddetto Palazzo delle Scienze che ospitava anche i matematici e i chimici. Lo spazio era scarso per tutti e mal distribuito. A Fisica si era costretti a lavorare in gabbiotti costruiti negli ampi corridoi, e la parte sperimentale era ospitata nel seminterrato. Mi ricordo che Tonino in quel periodo (eravamo nel 1960) lavorava tutto solo in un cunicolo delle cantine per rimettere in funzione una camera a nebbia, costruita da Carlo Succi.

In quei primi anni, lui, come me, venne inquadrato come assistente straordinario di Giovanni Polvani, allora direttore dell’Istituto.

Nei primi anni '60 ci trasferimmo in via Celoria, non nell’attuale Istituto di Fisica, che allora non esisteva ancora, ma in una palazzina ad un piano (una nuova costruzione, chiamata il “capannone”) dove, sotto la direzione e guida di Occhialini, si era spostata tutta la fisica sperimentale di particelle elementari. Il nostro gruppetto, sempre coordinato da Fiorini, ebbe in quel periodo un’attività molto intensa perché stavamo sviluppando metodi di analisi e di misura dei fotogrammi di camera a bolle. Avevamo una collaborazione con André Lagarrigue, che con il suo gruppo a l’Ecole Normale Supérieure, a Parigi, aveva costruito una delle prime camere a bolle a liquido pesante, BP3. L’argomento principale di studio di quel periodo erano le interazioni forti: eravamo più o meno all’inizio della saga delle cosiddette “risonanze”, particelle che decadono in tempi brevissimi in modo forte. Io e Tonino lavoravamo molto insieme facendo la staffetta ai tavoli di scanning e discutendo sull’interpretazione di quello che vedevamo.

Agli inizi degli anni '60 una studentessa di fisica, che aveva chiesto la tesi a Fiorini, svolse con noi il lavoro sui fotogrammi di BP3: era Paola Terzi che nel 1962 divenne la moglie di Tonino. Insieme Tonino e Paola hanno trascorso ben 58 anni di una vita veramente condivisa; molto spesso dove c’era Tonino, si incontrava anche Paola.

Occhialini era molto presente in Istituto e le nostre interazioni con lui erano quotidiane; tutti noi lo ammiravamo e provavamo affetto per lui, ma spesso ci lasciava sconcertati per i suoi modi originali e per le sue uscite, talvolta sibilline. È rimasta famosa la reazione di Occhialini alla comunicazione, datagli dallo stesso Tonino, che era prossimo a sposarsi: “O fai il fisico o fai il patriarca” gli aveva risposto, lasciandolo ovviamente sconcertato. Un’altra volta Ettore era venuto da noi tra il divertito e l’imbarazzato: Occhialini gli aveva chiesto di mandargli in studio Bellia (evidentemente una crasi fra Bellini e Pullia) e Ettore era ovviamente in dubbio su chi inviargli, se uno solo di noi o ambedue.

Le strade mie e di Tonino si divisero nel 1967. Infatti, io, dopo un anno passato a Parigi a lavorare a l’Ecole Normale Supérieure, lasciai la camera a bolle per esperimenti con rivelatori elettronici, mentre Tonino continuò a lavorare con BP3 e, successivamente, con la grande camera a bolle, Gargamelle, una camera di 2 m × 4.8 m, costruita anch’essa da un gruppo guidato da Lagarrigue. Gargamelle, esposta ad un fascio di neutrini al CERN, era riempita di freon, un liquido pesante che faceva aumentare la probabilità che i neutrini interagissero con la materia. L’analisi dei fotogrammi veniva fatta sia a Milano sia al CERN, a Ginevra, dove Tonino tra il 1972 e il '73 visse un anno con la famiglia. Anzi, per un certo periodo, proprio nei primi anni '70, molti milanesi dovettero trasferirsi al CERN, dato che a Milano l’Istituto di Fisica era diventato molto spesso inaccessibile: erano gli anni duri della contestazione studentesca italiana.

Fra il 1973 e il 1976 furono osservati in Gargamelle interazioni di neutrini che vennero interpretati come interazioni di corrente neutra debole; questa fu una grande scoperta che portò all’assegnazione del Premio Nobel a Salam, Glashow e Weinberg, che ne avevano predetto l’esistenza. In questa scoperta un ruolo importante lo ebbe proprio il Pullia perché fu fra i primi a interpretare le interazioni osservate come eventi di corrente neutra. Questa scoperta fu premiata nel 2009 dalla Società Europea di Fisica, che conferì a ciascun membro di quella collaborazione un diploma. Più tardi, nel 2011, Antonino Pullia e Dieter Haidt furono premiati dalla Società Italiana di Fisica (SIF) con il premio Fermi, il maggior premio di fisica italiano, deciso dai maggiori enti italiani di ricerca scientifica in collaborazione con la SIF, con la seguente motivazione: “per il loro fondamentale contributo congiunto nella scoperta delle correnti deboli neutre con la camera a bolle Gargamelle al CERN”.

Alla fine degli anni '70 Ettore Fiorini e Tonino fecero il primo esperimento sul decadimento doppio beta con un rivelatore al Germanio, sviluppato all’Euratom di Ispra. Per schermarsi dai raggi cosmici il rivelatore fu installato a Torino in un rifugio antiaereo della seconda guerra mondiale e poi portato sotto il tunnel del Monte Bianco.

Qui termina la mia rievocazione e, prima di passare il testimone a Stefano Ragazzi che ha collaborato con Tonino dagli anni '80 in poi, vorrei dire qualcosa sulle sua qualità di scienziato. Era profondamente appassionato alla ricerca, cui dedicava il massimo delle sue forze; conosceva molto bene la fisica; aveva infine quello che io chiamo “senso fisico”, qualità molto importante per uno sperimentale, che rende capace cioè di intuire, al di là di tutti i controlli, se un nuovo risultato possa avere qualche baco e quindi se è necessario procedere con ulteriori test prima di annunciarlo pubblicamente. Con Tonino non ho più lavorato dalla fine degli anni '60 in poi, ma ho continuato a frequentarlo al di fuori dell’ambiente di lavoro, anche con le reciproche famiglie. Mi sento quindi di aggiungere un commento sulle sue qualità umane; a parte la non comune intelligenza, era fantasioso, dotato di uno spiccato senso dell’umorismo e, soprattutto, comprensivo e tollerante delle debolezze altrui.


Gianpaolo Bellini
INFN, Sezione di Milano e Università di Milano


Sentii pronunciare per la prima volta il nome di Tonino Pullia da Ettore Fiorini quando andai a restituirgli due tesi che mi aveva dato da leggere per definire l’ambito della mia. Una era sulla ricerca di violazione di parità in reazioni nucleari, l’altra su fisica di neutrini con Gargamelle al PS. Eravamo alla fine degli anni '70.

Quando espressi la mia preferenza per i neutrini, Ettore disse immediatamente “dobbiamo parlarne con Pullia”, e si affrettò a informarsi da Alba, l’anziana segretaria del gruppo, su dove fosse Tonino. Accertato che Tonino non era a Milano, Ettore Fiorini mi fissò un appuntamento per un altro giorno, spiegandomi che “il poveretto” da quando aveva vinto una cattedra a Bari era sempre di corsa tra Bari, Milano e il CERN.

Tonino era Spokesman di WA14, l’esperimento che si stava preparando al CERN con la camera a bolle Gargamelle sul fascio di neutrini dell’SPS.

L’incontro con Tonino ed Ettore fu istruttivo, convennero che l’argomento della mia tesi sarebbe stato lo studio di eventi con di-muoni; questo mi avrebbe costretto a prendere confidenza con un nuovo strumento, l’identificatore di muoni, era importante che qualcuno del gruppo lo conoscesse bene, e poi avrei avuto non pochi dati da analizzare. Si richiedeva la conoscenza approfondita di un nuovo strumento per produrre un solido risultato dall’analisi dei dati. Purtroppo, a causa di qualche settimana di ritardo del fascio, mancarono i dati per la mia tesi. Tonino non ebbe nulla da obiettare a che la tesi potesse contenere solo una parte strumentale e una parte di fisica preliminare all’analisi, ma non apprezzò che un ultimo capitolo, di poche pagine, elencasse pochi eventi. Tonino non amava gli show, pretendeva la sostanza. In quella ricerca non si doveva dimostrare l’esistenza di un fenomeno nuovo, si doveva produrre un’analisi significativa per la comprensione del fenomeno; per lui sarebbe stato meglio omettere quell’ultimo capitolo in attesa di dati che sarebbero arrivati successivamente.

La vita di Gargamelle all’SPS fu breve. Ettore Fiorini diresse il gruppo verso NUSEX, un esperimento per la ricerca del decadimento del protone condotto al Garage 17, nel traforo del Monte Bianco. Tonino vi partecipò con dedizione e attenzione, ma si intuiva che la sua mente era rivolta ad altro. E cos’altro fu presto chiaro: Tonino era convinto che LEP avrebbe offerto un’opportunità di ricerca straordinaria e non gli riuscì difficile convincere buona parte del gruppo.

LEP avrebbe prodotto grandi quantità di dati con cui si sarebbero potuti approfondire molti aspetti di fisica. Ma per Tonino non era solo importante l’accesso ai dati, per lui era fondamentale avere il controllo sui dati, sulla loro origine e sulla loro qualità, quindi la profonda conoscenza dell’apparato strumentale. Per questo scelse le componenti dell’apparato alla cui realizzazione avremmo contribuito, guidati dai nostri preminenti interessi di fisica. Sul finire degli anni '90, con l’avvicinarsi della conclusione delle ricerche con LEP, esplorammo diverse possibilità di misure rivolte alle oscillazioni di neutrini. Tonino, insieme ad altri, propose con grande convinzione una misura, con un fascio di neutrini prodotto dal PS del CERN, volta a chiarire la cosiddetta “LSND anomaly”.

La proposta non venne accettata. Ho spesso avuto la sensazione che Tonino considerasse questa un’offesa, non una sconfitta. Riteneva scientificamente infondati, non ragionevoli, gli argomenti opposti. Tonino era insofferente verso argomentazioni scientificamente sbagliate, lo offendevano e lo irritavano.

Non so quanto questo episodio abbia contribuito ad allentare i suoi rapporti con le ricerche al CERN, sicuramente la sua partecipazione alle ricerche con LHC non vide la convinzione e l’entusiasmo degli anni di LEP. Negli ultimi anni Tonino si è dedicato allo sviluppo di una tecnica originale per la ricerca di materia oscura tipo WIMP. Ha avuto per questo un forte supporto dall’INFN, purtroppo non è stato sostenuto altrettanto bene dalla sua salute.

Antonino Pullia è stato direttore della sezione INFN di Milano e successivamente di quella di Milano-Bicocca; ha ricoperto la carica di Direttore di Dipartimento di Fisica all’Università di Milano-Bicocca, e infine è stato direttore del dottorato di ricerca in ambedue le università.


Stefano Ragazzi
INFN, Laboratori Nazionali del Gran Sasso e Università di Milano-Bicocca