Giovanni Morchio (1948-2021)

Giovanni Morchio

Lo scorso 10 novembre 2021 si è spento il fisico Giovanni (“Gianni”) Morchio.

Gianni se n’è andato con la discrezione e il sorriso, l’intelligenza e la generosità, la cultura e la profondità di comprensione uniche della Fisica, che lo hanno sempre contraddistinto e con cui ha formato per anni i suoi studenti e ha arricchito i suoi colleghi.

Il suo nome è legato all’Istituto – poi Dipartimento – di Fisica dell’Università di Pisa, dove ha svolto per quasi un cinquantennio la propria attività di ricerca, insegnamento, e formazione, inclusi gli ultimi otto anni successivi al pensionamento. Ma ancor più è legato al suo eccezionale profilo scientifico, riconosciutogli da unanime ammirazione e stima internazionale, attraverso un’attività svolta in gran parte con il suo relatore di tesi e poi collaboratore Franco Strocchi.

Per la tesi di laurea in Fisica conseguita nel 1971, da studente dell’Università di Pisa e allievo della Scuola Normale, Gianni fu mandato proprio da Strocchi all’ETH di Zurigo, a discutere con Klaus Hepp il problema infrarosso, anche a basse dimensioni, con tecniche non perturbative. Come più diffusamente esposto più avanti, quelli erano gli anni dei grandi successi della teoria costruttiva dei campi, Strocchi era precedentemente rientrato a Pisa dopo la collaborazione a Princeton con Arthur Wightman, e l’ETH era l’altro nodo mondiale di riferimento in questo ramo della fisica teorica. Completata la laurea, Gianni partì per la leva militare biennale, e successivamente prese servizio all’Istituto di Fisica di Torino, da cui poi nel 1974 si spostò a Pisa, che divenne la sua sede permanente. Anche dopo il forzoso “pre-pensionamento” imposto per legge dalla normativa del momento, Gianni rimase attivissimo presso il Dipartimento di Fisica e negli scambi a distanza con ex studenti e collaboratori.

Il contesto nel quale Gianni si affacciò alla ricerca era la assai viva attività sulla teoria dei campi quantizzati della seconda metà degli anni '60.

Dopo i lavori pioneristici di P. A. Dirac, W. Heisenberg, W. Pauli degli anni 1927-1929, con le prime sistemazioni formali del passaggio dalla meccanica quantistica non relativistica a quella dei campi quantizzati, i problemi sorti all’interno della teoria perturbativa – necessaria a includere le interazioni, ma portatrice di divergenze fisicamente e matematicamente inaccettabili – avevano prodotto tecniche di rinormalizzazione intese a “curare” tali divergenze. L’insoddisfazione dal punto di vista del rigore portò alcuni fisici e matematici, a partire dalla metà degli anni '50, a sviluppare ambiti assiomatici che esprimessero in modo matematicamente preciso pochi principi fondamentali, sufficienti poi per le deduzioni rigorose (gli assiomi di Gårding-Wightman, con deduzioni di rilevanza fisica come l’invarianza PCT e la connessione spin-statistica, e la formulazione rigorosa di R. Haag e D. Ruelle della teoria dello scattering per campi relativistici). Diventava allora ancora più accessible e importante una risoluzione del problema di stabilire se gli assiomi della teoria dei campi implicassero la non trivialità delle ampiezze di scattering associate – espressione, quest’ultima, di campi o particelle effettivamente interagenti, come osservate in natura.

Verso la metà degli anni '60, con le tesi princetoniane di A. Jaffe e O. Lanford, si era cominciato ad analizzare modelli (rispettivamente, $\phi^{4}$ e Yukawa) ad interazioni locali provviste di regolarizzazione (come possibili candidati, tolte le regolarizzazioni con controlli matematici adeguati, per la costruzione dei campi soddisfacenti tutti gli assiomi e con ampiezze di diffusione associate non banali). E. Nelson nel 1964-66 aveva ottenuto, tramite metodi probabilistici di tipo Feynman-Kac, una stima fondamentale (ipercontrattività) per il modello $\phi^{4}$ su un intervallo spaziale limitato. In altri lavori fondamentali, J. Glimm e A. Jaffe avevano iniziato uno studio sistematico del problema della rimozione di regolarizzazione. Un corso tenuto da K. Hepp nel 1969 all’École Polytechnique aveva indicato una ”road map” per lo sviluppo di una teoria costruttiva dei campi in dimensione di spazio-tempo basse (da 1 a 3, che richiede solo un numero finito di contro-termini di rinormalizzazione) e poi alte (da 4 in poi, con invece infiniti contro-termini). Il caso dell’elettrodinamica quantistica era ulteriormente complicato dall’assenza di massa nei fotoni, che implica una decrescita troppo lenta del propagatore all’infinito (le necessarie modificazioni della corrisponente teoria dello scattering furono formulate solo alla fine degli anni '70), e dall’invarianza di gauge, che crea vincoli tra i potenziali delle variabili di campo.

Ciò aveva stimolato lo studio di modelli interagenti semplificati intesi come approssimazioni dell’elettrodinamica accessibili ai metodi conosciuti. Dopo un soggiorno all’ETH Nelson aveva elaborato il “modello di Nelson con massa” (elettroni scalari non-relativistici interagenti con bosoni scalari massivi, e conseguente rinormalizzazione), pubblicato nel 1966, discusso anche da Hepp nel suo corso del 1969, e generalizzato da J. P. Eckmann nella sua tesi del 1970 con cinematica relativistica per gli elettroni scalari; lo scattering in questo modello fu ulteriormente studiato da S. Albeverio a Princeton nel 1970-71. Nel suo primo soggiorno all’ETH ospite di K. Hepp, Gianni ebbe modo di discutere idee e strategie per affrontare modelli di questo tipo anche nello scenario di bosoni senza massa, più vicini al caso dell’elettrodinamica, con J. Fröhlich, che nel corso del 1971 stava lavorando alla sua tesi di PhD (sotto la direzione di K. Hepp e W. Hunziker).

È in questo scenario così fecondo e in forte espansione che nel novembre 1971 Gianni discute a Pisa la tesi di laurea intitolata “Difficoltà infrarosse in teoria dei campi”. In essa analizza il problema della divergenza infrarossa nell’elettrodinamica quantistica e in modelli semplici come quelli “di corrente” (anche tempo-dipendente), di Bloch-Nordsieck (proposto nel 1937), e di Pauli-Fierz (del 1938), quest’ultimo poi trattato rigorosamente poco prima da Ph. Blanchard nel 1969 (nella tesi di dottorato svolta sotto la direzione di R. Jost e W. Hunziker). La tesi di Gianni termina appunto con una discussione del modello di Nelson e dei risultati di Fröhlich. Con questo brillante lavoro Gianni inizia tra l’altro una continuità scientifica con Fröhlich, che darà luogo a fondamentali lavori successivi.

Tra i temi di tutta l’attività di ricerca di Gianni quello delle divergenze infrarosse dell’elettrodinamica quantistica occuperà infatti una posizione centrale, a partire proprio dai lavori congiunti con Fröhlich e Strocchi. Nel primo di essi (Annals of Physics 1979) si dimostra che sotto ipotesi precisate gli stati di scattering dell’elettrodinamica quantistica con carica non nulla hanno associata un’algebra con rappresentazione disgiunta a quella di un campo libero – e per questo si viene a parlare di infraparticelle associate. Viene inoltre messa in evidenza l’esistenza di una rottura spontanea di simmetria rispetto ai boosts del gruppo di Lorentz, e viene delineata la possibilità di un’estensione della teoria dello scattering di Haag-Ruelle al caso di infraparticelle con carica. Nei successivi lavori di questa serie (Physics Letters B 1979 e 1980, Nuclear Physics B 1981) viene discusso il fenomeno di Higgs (di generazione di massa in campi di gauge bosonici) sia nel continuo (con una discussione in termini perturbativi) che sul reticolo, e con enfasi sul ruolo dell’invarianza di gauge nel connettere i due approcci.

Il successo di tali risultati teorici sulla formulazione del meccanismo di Higgs senza parametro d’ordine, poi noti come “meccanismo FMS” (Fröhlich-Morchio- Strocchi), è alla base di un filone di studio oggi estremamente attivo nella fisica teorica e nella fenomenologia delle interazioni fondamentali, nelle estensioni della fisica oltre il Modello Standard e nella gravità quantistica.

Anche in seguito Gianni approfondì problemi importanti delle teorie di campi di gauge quantizzati, segnatamente il problema delle singolarità infrarosse, della scelta dello spazio di Hilbert degli stati fisici, della presenza e molteplicità di stati invarianti, delle simmetrie e della loro rottura, della rappresentazione in spazi a metrica indefinita. I risultati contenuti in vari lavori di Gianni con Strocchi in questo filone sono oramai diventati punti di riferimento per tutti gli studi ulteriori di indole fisico-matematica. Esempi significativi furono lo studio generale della struttura di teorie di campi locali quantizzati con spazio di Hilbert a metrica non positiva, la formulazione del quadro assiomatico sia relativistico sia euclideo, lo studio delle algebre associate ai campi e la loro irriducibilità.

La collaborazione di Gianni con Strocchi produsse molti altri rilevanti studi di strutture generali e studi particolari in modelli di vari campi della fisica: oltre alle teorie di campo assiomatiche, costruttive, e ai loro modelli (di Schwinger, di Kibble, e gli altri già accennati), lo studio della materia condensata, la meccanica statistica, i sistemi dinamici classici e quantistici.

Ad essi si aggiunse nel tempo un’intensa attività di ricerca di Gianni su problemi della teoria quantistica non-relativistica (disugaglianze di Bell, quantizzazione su varietà, effetti topologici, teoria dello scattering, oggettivizzazione della meccanica quantistica, stati stazionari e stati termici in meccanica statistica quantistica, meccanica Bohmiana e meccanica stocastica alla Nelson, regole di somma in frequenza, modello Coulombiano di jellium, strutture Booleane parziali, rappresentabilità classica in meccanica quantistica), nonché lavori di indole più algebrico-geometrica (teoria della rappresentazione di algebre in spazi di Hilbert con prodotto non positivo definito, operatori di Dirac su varietà, C*-categorie in relazione alla abelianità asintotica, rappresentazione delle relazioni di commutazione, rappresentazione di Krĕin di CCR-algebre di Heisenberg e non regolari, bosonizzazione algebrica fermionica, processi stocastici spettrali, cristalli di Wigner, algebra spettrale di Poisson- Rinehart su varietà), e di recente lo studio della connessione tra relatività generale e gravitazione Newtoniana.

Una panoramica, la precedente, che è inevitabilmente solo parziale, e ancor più impressionante alla luce dell’estrema cautela di Gianni nel pubblicare esclusivamente lavori che fossero altamente innovativi, originali, apripista.

Tale profondità di contributi attraverso uno spettro amplissimo di problematiche fisiche riflette la caratteristica di Gianni, certamente atipica rispetto alla specializzazione e frammentazione contemporanea in discipline e sotto-discipline, di dominare una sterminata cultura fisica e matematica.

Alla luce di questa straordinaria versatilità, profondità e cultura, non di rado nell’Istituto di Fisica si ricorreva a Gianni come ad una sorta di “oracolo” per domande difficili o impossibili ...

Gianni era, nel senso più alto del termine, un fisico teorico: per lui la discussione di un modello o di un problema era innanzitutto e profondamente fisica, imperniata in un quadro coerente di principi primi e assunzioni e ipotesi specifiche, sviluppata con metodi rigorosi nei quali il rigore matematico ha il ruolo di linguaggio e strumento, e con enfasi sulla compresenza e distinzione tra formalismo fisico e sua interpretazione.

Accanto al fisico e scienziato di primissimo livello, riconosciuto, apprezzato e stimato internazionalmente ben oltre i purtroppo parchi riconoscimenti locali e nazionali, Gianni è stato uno straordinario formatore, offrendo stimoli, opportunità, consigli e visione certamente unici.

Per anni generazioni di studenti del corso di laurea in Fisica a Pisa si imbattevano in lui nella preparazione dei Metodi Matematici per la Fisica; una parte di loro, poi, incluso anche studenti del programma di Matematica, sceglieva di frequentare il suo leggendario corso dell’ultimo anno, imperniato su metodi e strumenti probabilistici, statistici, analitico-funzionali, operatoriali, nonché fondazionali per la meccanica quantistica («a Istituzioni [di Fisica Teorica] le cose si imparano, con Morchio poi le si capiscono», recitava un popolare libello-vademecum per le matricole, redatto dagli studenti anziani). Fondamentale era in Gianni la concezione del rigore su cui faceva perno l’interazione didattica con gli studenti: rifuggiva astrattezze sterili o generalizzazioni non necessarie, al contrario adottava un approccio “sperimentale” nell’applicazione degli strumenti teorici per individuare i punti concettualmente essenziali di un problema, con un’immancabile fase “esplorativa” iniziale che consisteva nell’individuazione e nell’esame di casi speciali particolarmente illuminanti.

Quando anche la fatica improba del corso di Gianni veniva superata, ripagata dalla soddisfazione di un’esperienza culturale senza pari nel programma di studi, i più temerari – in verità molti, e in un flusso regolare e continuativo nel tempo – arrivavano a chiedergli la tesi. La quale, a sua volta, si rivelava per un verso un’impresa straordinariamente impegnativa, su problemi già fortemente connotati degli elementi di ricerca accademica più attuale, e per l’altro un percorso di comprensione profonda e di respiro e visione superiori. Gli ex-allievi di Gianni, che oggi sono ricercatori, professori universitari, giornalisti, professionisti in Italia e all’estero, portano tutti con sé, oltre al ricordo della tenerezza e generosità della persona, la vivida memoria di quell’anno di tesi di laurea così intenso, stimolante, appagante.

A ciò poi vanno aggiunte le innumerevoli tesi per le quali Gianni veniva chiamato da tutto il Dipartimento come contro-relatore, sempre accettando con abnegazione, e sui temi più disparati, contribuendo con osservazioni capillari e qualificanti, ulteriore segno della propria universalità culturale.

Interagire e discutere con Gianni, per coloro che lo conoscevano, andava ben oltre la collaborazione scientifica o il rapporto di formazione tra maestro e allievi, e proseguiva con ampi e appassionanti dialoghi sulla società, la politica, i percorsi e le tendenze della scienza e della collettività, come anche sulla letteratura, o sulle recensioni di nuove monografie scientifiche o divulgative.

Anche al di fuori dall’ambito accademico Gianni ha sempre mantenuto straordinaria sensibilità e attenzione alle problematiche sociali e politiche del nostro tempo, alle ingiustizie e storture contemporanee, locali e globali, alle contraddizioni e sperequazioni nella società e nel mondo del lavoro, non solo condividendo la propria analisi sempre profonda e vigile, ma anche spendendo in prima persona con grande generosità il proprio tempo e le proprie energie per tanti lavoratori, “non scienziati”, che parimenti gli tributano adesso il proprio sincero e caro ricordo.

Con grande mestizia sappiamo che non ci sarà più un altro Gianni Morchio, fisico sopraffino, ricercatore di caratura eccezionale e cultura sconfinata, didatta e formatore rigoroso e scrupoloso, persona di umanità, sensibilità, altruismo e generosità unici. In molti fortunati rimane però l’affetto, l’ammirazione, la stima, il riconoscimento, l’amicizia per Gianni, e in tantissimi il suo esempio, i suoi risultati, il suo impatto scientifico e la sua alta lezione di fisica e di vita.


Sergio Albeverio
Alessandro Michelangeli
IAM e HCM, Bonn