Giuseppe Iadonisi (1939-2018)

Giuseppe Iadonisi

Giuseppe Iadonisi ci ha lasciato il 26 gennaio 2018 nella sua casa di Pozzuoli (Na). Ero da poco entrato nel mio studio al Dipartimento di Fisica di Napoli quando ricevevo una chiamata da Giovanni Cantele il quale, con un tono di voce per me diverso dal solito, mi annunciava la morte di Peppino. Per un attimo sono rimasto stordito, poi mi sono seduto sulla poltrona del mio studio e fissando il bianco del soffitto mi è venuta in mente, chissà perché, la sua espressione di sorpresa quando nel 1986 gli mostrai la soluzione esatta di una certa equazione differenziale che aveva a che fare con il polarone di superficie. Credo che quel particolare risultato gli fosse piaciuto perché amava fare i conti, aveva infatti una capacità di calcolo impressionante.

Peppino è nato a Vitulano, provincia di Benevento, il 21 dicembre del 1939. Si laureò a Napoli nel 1962 con Roberto Stroffolini discutendo una tesi sulla diffusione da potenziale e, subito dopo la Laurea, frequentò la Scuola di Perfezionamento in Fisica Teorica e Nucleare fondata da Edoardo Caianiello nel 1957. Finito il perfezionamento, decise di concentrare i suoi sforzi sulla fisica teorica dei solidi. Fu così che, con una lettera di presentazione di Caianiello, raggiunse, con Bruno Preziosi, Franco Bassani a Messina dove decisero di studiare le transizioni ottiche dei centri F. Ben presto si accorsero però che l’approssimazione della massa efficace, lo strumento che tutti usavano per studiare le impurezze nei solidi, non era sufficiente. L’esigenza di superare questa approssimazione li spinse a riconsiderare il problema usando un metodo innovativo che aveva sullo sfondo le competenze di Peppino sulla teoria della diffusione. Socrates Pantelides, che all’epoca lavorava al Centro Ricerche IBM Thomas J. Watson di New York, nel suo monumentale articolo di rassegna Electronic structure of point defect in semiconductors del 1978, dedicò una sezione al metodo e lo chiamò BIPJ che sta per Bassani-Iadonisi-Preziosi-Jaros. Milan Jaros era professore di fisica dello stato solido presso la Newcastle University nel Regno Unito. Ho avuto l’opportunità di lavorare con Milan per alcuni anni. Quando lo conobbi mi raccontò che quando lesse il Physical Review del 1969 di Peppino, Bruno e Bassani sulle impurezze capì subito che si poteva farne un’implementazione numerica molto efficiente che avrebbe permesso lo studio degli stati d’impurezza sia profondi che risonanti. E infatti così fu: quel lavoro ha avuto un notevole impatto.

Tornato da Messina, Peppino iniziò un’attività di Fisica dello stato solido all’istituto di Fisica Teorica di Napoli. All’inizio degli anni Settanta l’Istituto ebbe un ruolo importante di promozione culturale. Vennero organizzati dei viaggi a Cuba nel '70 e nel '71 con lo scopo di contribuire alla formazione degli insegnanti di fisica cubani. Peppino partecipò a questa iniziativa; ha sempre avuto molta attenzione per la didattica e per la vita dell’istituto in generale. Era un tipo taciturno, e per questo ebbe il soprannome di “Pipino il breve”, ma pragmatico nell’azione. Diede un contributo importante all’acquisizione dei primi mezzi di calcolo e quando poi nacque il Dipartimento di Fisica ne fu eletto Direttore nel triennio 2000-2003.

Con la collaborazione di due suoi ex-allievi, Giovanni Cantele e Marilù Chiofalo, Peppino ha lavorato ad una delle sue ultime pubblicazioni, che per lui ha rappresentato un po’ una summa delle attività svolte in campo didattico, un volume intitolato “Introduction to Solid State Physics and Crystalline Nanostructures”, edito da Springer nel 2014. Fino a pochissime settimane prima dalla sua morte, Peppino stava lavorando alla seconda edizione della monografia.

A partire dagli anni '80 l’attività scientifica di Peppino si è concentrata principalmente sulla teoria del polarone. Un risultato particolarmente significativo riguarda la formazione del bipolarone, un sistema stabile formato da due elettroni rivestiti con le rispettive “nubi” di polarizzazione. Questo studio fu, per certi aspetti, una prosecuzione del lavoro che Peppino e Franco Bassani avevano da poco completato sull’eccitone polaronico. I risultati, pubblicati nel 1991, furono particolarmente interessanti non solo per la comunità dei “polaronisti”, ma anche per quella che si occupava di superconduttività. Sapemmo poi che anche Joseph Devreese dell’Università di Anversa si stava occupando della formazione del bipolarone, usando però la tecnica del Path Integral che, va detto, è molto diversa dallo schema tipo Lee, Low and Pines usato da Peppino. Fu motivo di entusiasmo il fatto che le due tecniche esibissero risultati comparabili. Ne nacque un progetto europeo coordinato da Devreese, oltre che un’amicizia personale che è rimasta viva anche dopo il pensionamento di Peppino.

Negli anni '90 Peppino ebbe modo di rafforzare la collaborazione scientifica con il centro di ricerche ENEA di Portici. Questo rapporto tra l’ENEA ed il nostro Dipartimento si è poi consolidato negli anni successivi ed è tuttora attivo. Un passaggio importante è stato il finanziamento di un progetto INFM (anni 96-98), diretto da Peppino, sulle proprietà di “sensing” del silicio poroso. Tutta l’attività degli anni successivi sulla fisica delle nanostrutture ha avuto questo progetto come base di partenza.

L’interesse di Peppino per le nanostrutture non ha affatto indebolito quello originario per la fisica del polarone e, in generale, delle correlazioni elettroniche. Su questi temi Peppino è stato direttore di due scuole internazionali di fisica “Enrico Fermi”.

La prima nel 1998 con Robert Schrieffer come condirettore e la seconda nel 2006 con Julius Ranninger. Nonostante che a tutt’oggi il problema dell’alta Tc non abbia ancora una risposta consolidata, lo spazio di ricerca creato sull’interazione elettrone-fonone e sui sistemi fortemente correlati è stato molto ampio ed è tuttora attivo.

Peppino amava il suo lavoro e non si è mai fermato, neanche dopo il pensionamento.

Negli ultimi mesi, prima che la malattia prendesse il sopravvento, si era dedicato allo sviluppo di un’idea che gli era venuta uno o due anni prima e che aveva raccontato a me e Giovanni. La domanda era: è possibile estendere la natura intrinsecamente probabilistica della meccanica quantistica ad un ambito diverso dalla fisica e propriamente legato all’agire umano? Lui pensava di sì ed era convinto che questo ambito fosse quello dell’economia. Le iniziali perplessità mie e di Giovanni hanno cominciato a vacillare quando proprio Giovanni, qualche giorno fa, ha scoperto che su questo tema vi è una non trascurabile letteratura. Che avesse ragione Peppino?


Domenico Ninno
Dipartimento di Fisica “E. Pancini”
Università di Napoli “Federico II”