Guido Ciapetti (1941-2016)

G. Ciapetti

Il 26 settembre 2016 è improvvisamente venuto a mancare Guido Ciapetti, colto da un improvviso attacco cardiaco mentre stava uscendo dall’Università, dove aveva lavorato tutto il giorno. Infatti Guido, benché in pensione da qualche anno, continuava ad occuparsi regolarmente dell’esperimento ATLAS al collisore LHC del CERN. Partecipava alla ricerca di stati metastabili, previsti dalle teorie di “hidden valley”, scrivendo con la consueta perizia complicati programmi di analisi. Si occupava inoltre della costruzione delle camere micromegas per l’upgrade dello spettrometro per i muoni e, insieme a chi scrive e ad altri fisici di Roma e Cosenza, stava mettendo a punto lo strumento di misura della planarità meccanica dei pannelli in costruzione a Roma.

Guido era nato nel 1941 da genitori romani a Cagliari, dove suo padre in tempo di guerra era un provetto pilota militare, e a Roma ha studiato e ha sempre vissuto, tranne i suoi frequenti soggiorni ginevrini al CERN. Si era laureato nel 1964 nel gruppo di camera a bolle con Giancarlo Moneti, anche lui recentemente scomparso, ed era subito entrato nell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Nell’INFN aveva fatto una rapida carriera, culminata nel 1988 con l’elezione a Direttore della Sezione di Roma. L’anno precedente era passato all’Università, chiamato come professore ordinario alla Sapienza ed era rimasto in servizio fino al 2010. Aveva insegnato in corsi specialistici e nel laboratorio del primo biennio, che tradizionalmente a Roma chiamiamo “fisichetta”, per più di un ventennio, attraverso tutti i cambiamenti e le riforme universitarie. Come docente (e non solo come docente) affrontava i problemi con estrema energia, badando alla sostanza più che alla forma, senza dare tregua né alle difficoltà, né ai malcapitati studenti e colleghi di lavoro.

Nella prima parte della sua carriera scientifica aveva partecipato a vari esperimenti per lo studio delle interazioni adroniche alle energie del PS del CERN, utilizzando camere a bolle come rivelatore. Dal 1972 aveva lavorato al CERN come fellow per un periodo di due anni, contribuendo alla messa a punto della camera a bolle gigante BEBC. Successivamente si era dedicato allo studio delle particelle a vita media breve contenenti il quark charm, utilizzando sofisticate tecniche di rivelazione (emulsioni nucleari o camere a bolle ad alta risoluzione, accoppiate con rivelatori elettronici).

Terminata l’era delle camere a bolle, Guido aveva capito che i collider adronici avrebbero assunto un’importanza sempre maggiore nella fisica delle alte energie. Nel 1983 era entrato a far parte dell’esperimento UA1 al collisore antiprotone-protone del CERN, ove aveva dato significativi contributi ai rivelatori e all’analisi. Dopo il 1990 aveva partecipato a varie ricerche per lo sviluppo di rivelatori di muoni da utilizzare nel difficile ambiente di LHC ed era stato uno dei protagonisti nella costituzione della collaborazione ATLAS. Di ATLAS era stato il fondatore del gruppo di Roma e il primo rappresentante nazionale. All’interno della collaborazione era stato responsabile, insieme a C. Fabjan del CERN, del gruppo di lavoro che ha sviluppato lo spettrometro per muoni dell’esperimento ed ha realizzato vari prototipi dei rivelatori. Guido, come responsabile del gruppo romano, era quindi entrato nella collaborazione italiana (Cosenza, Frascati, Pavia, Roma La Sapienza e RomaTre) che ha costruito una parte rilevante delle camere di precisione per muoni (“monitored drift tubes”, MDT). Al termine di questa fase aveva continuato a lavorare in ATLAS come semplice ricercatore, senza più cercare responsabilità formali. Aveva tuttavia un tale patrimonio di energia, competenza ed esperienza, da assumere rapidamente il ruolo di guida del gruppo di lavoro a cui partecipava.

La migliore definizione che sintetizzi la complessa personalità di Guido è quella di “brillante fisico sperimentale”. L’evoluzione degli esperimenti di fisica delle Alte Energie ha spinto un gran numero di fisici nella direzione di una estrema specializzazione, creando “esperti” in aree sempre più ristrette, oppure verso il puro lavoro di direzione dei gruppi, senza nessuna comprensione degli aspetti tecnici e scientifici della ricerca. Invece Guido ha sempre mantenuto una perfetta padronanza degli aspetti tecnici, congiunta alla lucida visione degli obiettivi dell’esperimento. Si ricorda il caso del responsabile di un gruppo del CERN, che, alla domanda di un visitatore che chiedeva di quali particelle fosse composto il fascio che entrava nella Camera, rispose candidamente di non averne la più pallida idea. Esempio lampante di tecnologo puro ... Viceversa Guido, che lavorò intensamente per dotare il gruppo di Roma di un parco efficiente di macchine di misura, sapeva sempre di che particelle si trattava, conosceva perfettamente lo scopo dell’esperimento e aveva ben presente che la realizzazione dell’elemento tecnologico era solo un mezzo, e la fisica lo scopo.

Questo aspetto della sua personalità era tanto più importante nelle fasi iniziali di un esperimento, caratterizzate dallo sviluppo di prototipi di rivelatore, da “test run” con assemblaggi creativi di apparati temporanei, da realizzare con rapidità. Problemi imprevisti e nuovi si presentavano spesso in situazioni in cui il tempo a disposizione era limitato. Guido era lucido, veloce e dotato di grande capacità di organizzazione. Si divertiva meno quando l’esperimento, ormai avviato, entrava nella fase stazionaria; tuttavia, la sua grande onestà scientifica lo spingeva a completare il lavoro sull’esperimento fino alla pubblicazione dei risultati finali.

Per il suo grande impegno nella fisica, e insieme nella cura e sostegno della numerosa famiglia (la moglie Carla e i tre figli), gli restava sempre poco tempo per sé. Tutti ricordano Guido che “andava di corsa …”. Detestava le perdite di tempo, le discussioni oziose e interminabili su aspetti formali. Durante una interminabile riunione per l’elezione di un responsabile di attività, si discuteva con la solita inconcludenza di regole per la votazione, di candidature etc ..., quando tutti sapevano che c’era un candidato eccellente. A un certo punto, Guido si alzò, seccato e dichiarò : “ Io voto X. Arrivederci”.

E uscì dalla stanza.

Oltre alla fisica e alla famiglia, Guido aveva molte altre passioni, tutte legate alla sua abilità nel “problem solving” : la fotografia, l’astronomia, la realizzazione di “accrocchi” geniali per le occasioni più diverse; il montaggio di strutture per i fuochi artificiali a Capodanno, il meccanismo di movimento di un telescopio per seguire l’immagine della luna, il lancio di piccoli razzi multistadio, seguito dalla divertente caccia ai diversi pezzi, scesi con paracadute nei posti più diversi della bellissima campagna francese a Divonne. In apparente contrasto con tutto ciò, la sua passione per la fantascienza, unico volo di fantasia per una persona con i piedi saldamente piantati nella realtà. Contrasto solo apparente, perché la sua fantascienza favorita non era quella sociologica di Fredric Brown o quella struggente e letteraria di Ray Bradbury, ma quella “classica”, stile Star Wars, con le astronavi, i mostri, gli eroi. A dimostrazione che conviveva nel suo carattere pragmatico un elemento di freschezza e semplicità da adolescente.

C’è un’espressione un po’ retorica e un po’ consolatoria, che usiamo quando scompare qualcuno che amiamo: “Se avesse potuto scegliere, è così che avrebbe voluto morire”: il grande attore sul palcoscenico, il giovane pilota a trecento all’ora sulla pista. Forse in questo caso c’è un po’ di verità. Guido è scomparso mentre lasciava il lavoro per andare a prendere suo figlio. Andava “ di corsa”, diviso, come sempre, tra le due grandi passioni della sua vita.


Paolo Bagnaia, Lucia Zanello
Università di Roma La Sapienza