In Ricordo di Nicola Cabibbo (1935-2010)

Avevo qualche volta pensato che avrebbero forse scelto Nicola, alla SIF o ai Lincei, per presentare, a tempo dovuto, il necrologio per me, ma la vita ha voluto in altro modo. Nicola è scomparso a settantacinque anni, io ne ho circa ottanta. È proprio vero che nessuno sa cosa la vita ci riserva.
Il contributo di Nicola alla fisica delle particelle ha avuto un ruolo storico. Quando lo conobbi, ero appena tornato dagli Stati Uniti, e Nicola aveva 22 anni e stava per finire la tesi di laurea con Touschek. Mi resi subito conto della sua eccezionale lucidità. Accanto ad una intelligenza non comune mostrava una singolare capacità a tutto razionalizzare, sia nelle considerazioni scientifiche, sia nelle considerazioni sugli avvenimenti umani.
Il suo contributo storicamente più importante fu, come si sa, sulla struttura delle interazioni deboli. Sono apparsi recentemente molti scritti, da parte di fisici, giovani per non aver vissuto quell’epoca, che spiegano questo sviluppo. Ma la più autorevole esposizione è dello stesso Nicola, pubblicata in occasione del Congresso del Centenario nel 1997 sul Nuovo Saggiatore, nella parte quarta dedicata alla Evoluzione della Fisica Moderna (N. Cabibbo, Il Nuovo Saggiatore, Vol.14, No. 3-5 (1998) pag. 123). Nicola spiega in questo articolo l’essenziale degli sviluppi che portarono all’angolo di Cabibbo, con le sue eccezionali doti di concisione e di chiarezza.
Cabibbo si era laureato a Roma nel 1958 con Bruno Touschek. Agli inizi degli anni '60 Giorgio Salvini, nella sua originale capacità di visione, promosse la creazione nel laboratorio di Frascati di un gruppo di fisica teorica che servisse da supporto e da promozione delle attività sperimentali del laboratorio.
Cabibbo fu il primo dipendente del gruppo teorico di Frascati. La sua attività nell’ambito del laboratorio fu intensa e importante per gli sviluppi teorici e sperimentali. I lavori sui decadimenti dei mesoni K, sulle sezioni d’urto da neutrini, su e+ e- per il fattore di forma del pione e per la struttura del protone (con Zichichi), sui fotoni in cristalli, e su SU(3) in transizioni elettrodeboli, furono a quell’epoca molto apprezzati e citati.
In particolare il lavoro del 1962 sulle transizioni elettrodeboli mise in evidenza l’impossibilità di una spegazione elementare in SU(3) dei decadimenti con violazione di stranezza. La soluzione del problema era resa tra l’altro problematica in quel momento per l’evidenza, poi non confermata, di transizioni con salto di stranezza di segno opposto al salto di carica. Questa situazione fu chiarita poco dopo da un esperimento di Paolo Franzini.
Parallellamente Nicola, con un “gedanken experiment” su SU(3) esatto, si rese conto del profondo significato della nozione di stranezza e giunse alla nozione di mixing di correnti (Cabibbo mixing).
Al sopraggiungere della nozione di quark il mixing apparve come quark mixing. Un chiarimento fondamentale venne in seguito dal lavoro di Glashow-Iliopoulos-Maiani. Tutto questo sviluppo mostra in maniera evidente la chiarezza del pensiero teorico di Nicola, ed anche, cosa importante per un fisico teorico, la sua capacità di accogliere rapidamente e con accuratezza critica i nuovi risultati sperimentali.
Tornando ai lavori di Nicola a Frascati, quelli sulle possibilità sperimentali di acceleratori elettrone-positrone furono particolarmente completi e servono ancora oggi da riferimento. Un lavoro molto completo per quell’epoca, che prevedeva anche la fisica del bosone Z, osservata molto dopo al Cern, fu soprannominato la “Bibbia” dagli sperimentali. Furono le coraggiose iniziative di Bruno Touschek, insieme al lavoro dei fisici e ingegneri di Frascati, a dare a questa linea di ricerca nel campo delle particelle elementari la svolta fondamentale, rimasta poi alla base di anni di lavoro a livello mondiale e tuttora pensata come indispensabile linea di progresso. Gli scritti storici di Giorgio Salvini, di Carlo Bernardini, di Luisa Bonolis, di Giulia Pancheri e di Pietro Greco illustrano in dettaglio quegli sviluppi.
Questi anni, vissuti a Roma e a Frascati, in stretto contatto scientifico con Nicola, sono particolarrmente importanti nel mio ricordo, ed è per questo che li ho sottolineati.
Ma Nicola aveva sempre continuato a lavorare, producendo non solo fisica di alta qualità, ma assumendo responsabilità della massima importanza per la fisica italiana e per il ruolo della scienza. Fu presidente dell’INFN e presidente dell’ENEA. Fu Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze a partire dal 1993.
Fu professore all’Aquila, a Roma Tor Vergata e a lungo a Roma Sapienza. Aveva lavorato al Cern, a Berkeley, a Princeton, Parigi, Syracuse, New York. Fu promotore tra l’altro del progetto APE per calcolare QCD. Ha avuto allievi di grande valore, tra cui non posso non menzionare Giogio Parisi.
Sarebbe lungo elencare tutti i premi e le onorificenze che gli son stati attribuiti, da parte dei Lincei, della Società Italiana di Fisica, dell’American Physical Society, della European Physical Society, dell‘International Center for Theoretical Physics, ecc.
Nel ruolo delicato di Presidente della Accademia Pontificia delle Scienze non aveva mai esitato a prendere posizioni nette in favore della correttezza e della obiettività scientifica. In particolare è stato ammirevole il suo ruolo nella discussione intorno alle teorie creazionistiche, tanto più importante data la sua posizione di prestigio nel mondo cattolico. In tutte le attività aveva sempre mostrato una obiettività scientifica indiscutibile, un senso dell’equilibrio e una ponderazione, che hanno sempre fatto parte del suo stile e del suo carattere.
Raoul Gatto
Professore Emerito, Università di Ginevra