Emilio Burattini (1937-2023)

Emilio Burattini

Lo scorso 8 agosto è venuto a mancare il professor Emilio Burattini.

Nel mondo della Fisica italiana il suo nome è legato alla storia della Luce di Sincrotrone, a partire dagli anni ‘70 del secolo scorso, con il gruppo “Solidi Roma” a Frascati, e alla nascita nel 1993 della Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali della giovane Università di Verona, a soli undici anni dalla sua costituzione come Ateneo autonomo, Facoltà di cui fu anche Preside dal 2003 al 2006.

È a Verona che ho conosciuto, ancora dottoranda, “il prof”, quando nel 1991 prese servizio presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia e fu subito in prima linea per fondare la Facoltà di Scienze, che prese avvio nell’anno accademico 1993/1994 con il corso di laurea in Informatica e con il primo corso di laurea in Biotecnologie d’Italia.

Era un sognatore, e come solo i sognatori sanno fare ideava e perseguiva, sempre rispettoso delle persone e delle istituzioni, tanti progetti, spesso molto ambiziosi, a volte anche troppo ambiziosi. Forse tra questi c’era anche quello di portare a Verona la sua amata Luce di Sincrotrone, che nella prolusione per l’inaugurazione proprio dell’anno accademico 1993/1994, il 3 dicembre 1993, chiamò “la Cenerentola diventata regina”.

Era instancabile. Riuscì per un numero impressionante di anni, senza risparmiarsi, a dirigere il laboratorio di luce di sincrotrone presso i Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN e a svolgere pienamente il suo ruolo di professore ordinario di Fisica a Verona fino al pensionamento avvenuto nel 2008. In quegli anni organizzò il corso “Biomedical applications of synchrotron radiation” della Scuola Internazionale di Fisica “Enrico Fermi” di Varenna, che si svolse dal 12 al 22 luglio 1994, e il Congresso della SIF a Verona, dal 23 al 28 settembre 1996, che l’allora Presidente della Società Renato Angelo Ricci ancora oggi ricorda come “eccezionale”.

Nel campo della Luce di Sincrotrone il suo nome è legato soprattutto, ma non solo, alle applicazioni biomediche: fu sua l’idea di utilizzare le proprietà uniche della luce di sincrotrone nella regione dei raggi X per ottenere immagini radiografiche e mammografiche ad elevata risoluzione, e fu nel laboratorio PWA (Project Wiggler Adone), di cui è stato responsabile dal 1985 fino allo spegnimento definitivo dell’anello di accumulazione Adone nel maggio 1993 e dove si utilizzava la radiazione X emessa nel primo magnete wiggler europeo alla cui costruzione lui stesso aveva contribuito, che nacquero e si svilupparono le attività italiane di spettroscopia di assorbimento XANES ed EXAFS e si costituì il “gruppo raggi X” dell’Università e del CNR di Trento.

Quando fu stabilito lo smantellamento di Adone e la costruzione al suo posto del doppio anello per elettroni e positroni Daφne, proprio in coincidenza con i suoi primi anni a Verona, non si rassegnò ad una possibile scomparsa delle ricerche con luce di sincrotrone a Frascati e diede un contributo decisivo al loro proseguimento progettando e realizzando, con l’aiuto dei preziosissimi tecnici e collaboratori che lo hanno sempre affiancato, il laboratorio Daφne-Luce, che poteva vantare il primo canale di luce di sincrotrone nell’infrarosso in Italia e tra i primi al mondo (la linea “SINBAD”), oltre ad altre due linee nell’ultravioletto e nella regione dei raggi X morbidi.

Era brillante ed eclettico. Lo potevi sentir parlare con rare capacità argomentative di storia, raccontare delle sue abilità artigianali nella lavorazione dell’oro o di quando ragazzo suonava la batteria nei locali della riviera romagnola. Qualcuno fra i partecipanti al congresso SIF di Verona ebbe la fortuna di sentirlo suonare in occasione della serata jazz con la Storyville Jazz Band. Gli piacevano i congegni meccanici ed elettrici, per i quali aveva abilità tecniche non comuni. Sapeva prendersi cura personalmente della sua vecchia Lancia Fulvia che con orgoglio portava ai raduni delle auto storiche.

Come la terra d’Abruzzo nella quale era nato, “forte e gentile”, spesso ricordava, e allora assumeva un tono garbato da maestro di vita, di amare “le cose ben fatte”, che “la forma è sostanza”, “le persone vanno e vengono, ma le istituzioni restano”, e quanto fosse importante comportarsi sempre in modo da “potersi guardare allo specchio ogni mattina senza vergognarsi”.

Era pieno di vita e di energia, credo lo sia stato fino all’ultimo, ed è davvero difficile convincersi che non c’è più.


Francesca Monti
Università di Verona