Enzo Boschi (1942-2018)

Enzo Boschi

L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - INGV, ente di ricerca di fatto fondato da Enzo Boschi e da lui presieduto fino al 2011, è il mio Istituto dal 1980; Enzo vi sbarcò nel 1982, perciò Enzo Boschi è stato il mio Presidente per quasi un trentennio.

Quando Enzo arrivò tra noi erano i primi anni ottanta, lui aveva quarant’anni e sembrava un ragazzo. Ancora non vestiva Caraceni né portava cravatte di Marinella ma indossava completi Principe di Galles che accentuavano la sua aria di enfant prodige dell’università e della geofisica in Italia.

L’Istituto (all’epoca era l’ING, la V sarebbe arrivata una ventina d’anni più tardi) era dignitoso ma molto piccolo e un poco sonnolento; l’arrivo di Enzo ebbe l’effetto di scuoterlo, attraversandolo come un cavo elettrico ad alta tensione.

Per prima cosa Enzo organizzò il servizio di sorveglianza sismica h24 del territorio nazionale di concerto con Giuseppe Zamberletti, il padre della Protezione Civile italiana, allestendo una prima rudimentale sala operativa, nella quale affluivano i dati rilevati dalle poche stazioni della rete sismica, nella nostra sede di Monte Porzio Catone, in un’ala dell’Osservatorio astronomico che avevamo in subaffitto, con i marinai precettati da Zamberletti che fissavano tutta la notte i rulli dei sismografi e avvertivano il sismologo reperibile al minimo oscillare dei pennini ...

Qualche tempo dopo la sala operativa, presidiata ormai dai nostri ricercatori e tecnici, fu trasferita nella nostra sede di Roma, nel quartiere Esquilino, in un malandato appartamento al secondo piano di un villino un po’ sinistro. Una volta venne a trovarci il conduttore del TG2 La Volpe per un servizio sul terremoto di San Donato Val Comino (quindi, doveva essere il 1984) e non riusciva a credere che il cuore di un servizio così importante come quello di sorveglianza sismica fosse alloggiato in quelle stanze spoglie; a un certo punto disse a qualcuno: “mi sembra di stare in una sede sotto copertura della CIA!”.

Oggi l’INGV ha tre sale operative, tecnologicamente avanzate, a Roma, Napoli e Catania e la Rete Sismica Nazionale Integrata è costituita da circa 400 stazioni, per lo più multiparametriche, che coprono l’intero bacino del Mediterraneo.

Una volta dimostrata l’importanza dell’Ente per il sistema Paese, Enzo si dedicò al rilancio di tutte le attività di ricerca, rivitalizzando i ricercatori più esperti e valorizzando i giovani, assumendone quanti più possibile. Il suo grande merito fu quello di sprovincializzare l’Istituto e, a cascata, la geofisica italiana, trovando le risorse finanziarie per mandare i ricercatori in missione presso i centri di ricerca più avanzati nel mondo, stringendo forti rapporti di collaborazione con le comunità sismologiche americane, inserendo l’Ente nel circuito dei grandi progetti internazionali come il Progetto Nazionale di Ricerche in Antartide - PNRA, organizzando scuole di geofisica aperte a ricercatori di tutto il mondo a Erice presso il Centro di Cultura scientifica Ettore Majorana fondato dal Professor Antonino Zichichi nella magica cittadina della Sicilia occidentale.

Da allora cominciammo una cavalcata frenetica verso il successo, una cavalcata disordinata ma impetuosa, terribilmente seria ma divertente, perché Enzo anche nei momenti più importanti, anche nei passaggi più difficili non rinunciava mai al suo spirito dissacrante, al gusto per la provocazione e per la battuta; il suo slogan era “Comunque sarà un successo!” e noi lo seguivamo senza problemi; d’altra parte eravamo giovani, gratificati, un poco arroganti, guidati da capi rassicuranti come Cesidio Lippa e Renato Funiciello e, soprattutto, da un leader carismatico come lui, esigente ma disposto a favorire le progressioni di carriera di tutti e a non negare opportunità a nessuno.

Una fase di sviluppo formidabile, insomma, che sfociò all’alba del nuovo millennio in una svolta storica per il nostro mondo: l’ING confluisce nel grande INGV assieme ai vulcanologi vesuviani ed etnei, ai geochimici palermitani, ai reduci milanesi del “GeoLab” degli anni settanta e ottanta e ai qualificati precari dei Gruppi Nazionali per la Difesa dai Terremoti e per la Vulcanologia che avevano raccolta l’eredità del glorioso Progetto “Geodinamica” diretto da Franco Barberi. E il Presidente del nuovo Ente non può che essere lui: il più brillante, il più incostante, il più fragile, il più spregiudicato, il più lungimirante, il più visionario; lui che ha cominciato a essere leader praticamente da bambino e che non ha mai smesso di esserlo: Enzo Boschi.

Io c’ero quel pomeriggio di diciotto anni fa nello studio del Ministro della Ricerca pro tempore Zecchino quando l’INGV fu formalmente costituito con Enzo Boschi Presidente e al contempo il Ministro, con gesto teatrale, firmò il decreto che approvava in favore dell’Istituto il cosiddetto Progetto “Irpinia”, un affare da sessanta miliardi del vecchio conio: erano decisamente altri tempi!

Nel 2009, poi, ci fu il tragico terremoto dell’Aquila con il suo carico di dolore, di rovine, di polemiche e di seguiti giudiziari. Nel 2010 iniziò il processo alla Commissione Grandi Rischi: Enzo lo visse come un calvario, come un’ingiustizia che lo segnò profondamente nel fisico e nello spirito, che cambiò il suo umore e il suo atteggiamento nei confronti degli altri; questo condizionò pesantemente l’ultimo segmento della sua presidenza: anche fargli sentire la vicinanza non fu semplice per nessuno di noi.

Nel 2011 si concluse il suo mandato di Presidente. Un giorno di agosto lo accompagnai alla fine della giornata nel parcheggio dell’Istituto dove la macchina di servizio lo attendeva per portarlo a prendere l’areo per tornare a Bologna, per l’ultima volta come Presidente, e poi lo guardai mentre si allontanava. Quando risalii nella mia stanza ebbi fortissima la percezione della fine di un’epoca.

Nel 2015 l’assoluzione definitiva rappresentò per lui una soddisfazione grande e la fine di un incubo ma non cancellò certe amarezze. Nel frattempo, era intervenuto un fatto nuovo: una sua ex ricercatrice e amica fedele lo aveva introdotto nel mondo dei social network.

Dopo alcuni impacci iniziali, Enzo aveva acquisito totale padronanza del mezzo, come un ragazzo, come un nativo digitale! Parlando, con il suo stile colto e provocatorio, rigoroso e dissacrante, di scienza ma anche di politica, di ambiente, di letteratura e soprattutto di arte, in poco tempo ha radunato oltre ventottomila followers adoranti, diventando una specie di influencer. Una volta lessi una sua intervista nella quale diceva che Twitter gli aveva salvato la vita. In effetti, una volta in pensione, senza più cariche pubbliche e con la spada di Damocle del processo aquilano sulla testa, Twitter gli ha consentito di continuare a svolgere un ruolo importante nel Paese e di non smettere di essere protagonista. Un’altra tribuna che non ha mancato di sfruttare per dare libero sfogo alla sua personalità di uomo contro, e pure alle sue invettive ..., è stata la rubrica che ha tenuto su un settimanale on line molto seguito nel mondo della ricerca pubblica dal 2013 fino alla scorsa primavera.

Venerdì scorso l’Istituto ha stabilizzato centoquarantanove precari, molti dei quali assunti durante la sua lunga presidenza. È stata una giornata di festa ed Enzo ha aspettato che si concludesse prima di lasciarci per sempre. Io, nel firmare gli atti che concludevano finalmente quella lunga, defatigante vicenda, non ho potuto fare a meno di ricordare una riunione di dieci anni fa in Funzione Pubblica, a Palazzo Vidoni, organizzata dal Ministro pro tempore Brunetta, con i presidenti e i direttori di tutti gli enti pubblici di ricerca, peraltro nei giorni in cui si apriva la grande crisi finanziaria che ci avrebbe attanagliato negli anni successivi. Quel pomeriggio, per la prima volta si affrontava in maniera organica il problema del precariato nei nostri enti e il Presidente che si prese ben presto la scena per spendersi più di ogni altro per la causa dei precari fu lui, parlando a braccio, con voce strozzata, davanti a un Brunetta quasi attonito, spiegando a tutti, senza troppi riferimenti normativi (e quei pochi anche un po’ confusi ...) ma con le ragioni della ricerca scientifica, che il precariato nella ricerca non era una zavorra, ma una risorsa che il Paese non doveva disperdere.

Oggi Enzo Boschi non c’è più ma per quelli che lo conoscono da sempre, per quelli che hanno lavorato con lui dai tempi dell’ING, per quelli che lo hanno incrociato con la nascita dell’INGV, per quelli che sono stati affascinati da lui, per quelli che hanno litigato con lui, per quelli che gli devono molto (e siamo un esercito) lui sarà sempre e comunque “Il Presidente”, il nostro Presidente!


Tullio Pepe
Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia