In ricordo di Romeo Bassoli (1954-2013)

Romeo Bassoli

Il 16 ottobre se n’è andato Romeo Bassoli, il capo dell’Ufficio Comunicazione dell’INFN. Per chi lo conosceva è stata una mazzata, anche se in molti, quasi tutti, sapevamo della sua malattia, che lo aveva attaccato da più di cinque anni e che lui aveva sempre combattuto con grande forza, volontà ma anche serenità, spesso con l’ironia che lo caratterizzava. Io l’ho incontrato nella primavera del 2007, poco dopo che aveva assunto la guida dell’Ufficio Comunicazione, e per conoscenza diretta scrivo perciò qui una testimonianza solamente del Romeo di questi ultimi anni. Ho fatto parte cioè soltanto della sua ultima “tribù” (così lui stesso ha definito i gruppi con cui ha lavorato nelle diverse ma tutte appassionanti fasi della sua vita professionale): quella dei fisici dell’INFN. Dalle tante commosse attestazioni di affetto e di stima che gli sono state tributate, capisco comunque − e non mi è certo difficile crederlo − che anche per chi ha fatto parte delle altre tribù nelle quali ha lavorato, la sua vita sia stata veramente un dono.

Il mio incontro con Romeo è subito sfociato, penso di poterlo dire e spero che Romeo sarebbe d’accordo, in una vera amicizia, per la consonanza dei nostri pensieri e sentimenti. E conoscerlo mi ha tanto arricchito, ma tanto davvero, sul piano professionale e su quello umano.

Professionalmente ho visto in Romeo un grande giornalista, comunicatore e organizzatore. In particolare negli anni di lavoro con l’INFN ha portato l’Ente non solo a una larga crescita di visibilità in termini quantitativi ma − ed era questa la cosa di cui era soprattutto orgoglioso − a un enorme aumento nella percezione, da parte dei media e dell’opinione pubblica, del valore della fisica, e di quella dell’INFN in particolare, come un riferimento culturale in assoluto per l’importanza dei suoi risultati in sé e del loro impatto sulla società.

Anche da noi, come credo sia stato in tutta la sua vita, è stato capace di formare intorno a sé tanti giovani ragazze e ragazzi straordinariamente brillanti e competenti. Come per tutti i grandi, forse è stata questa la più bella qualità professionale − e al tempo stesso umana − di Romeo: saper trasmettere il suo entusiasmo, il suo intuito e la sua bravura alle persone che lavoravano con lui. Anche noi “diversamente giovani” (come avrebbe detto Romeo) abbiamo imparato tante cose da lui: cose importanti per riuscire a proporre e divulgare nel modo più efficace − con orgoglio ma sempre con onestà intellettuale − le cose che facciamo e che crediamo possano essere utili, a noi e alla società in generale.

Ma non solo professionalmente Romeo mi ha insegnato tanto; e come a me, di nuovo, credo a tutti quelli che hanno avuto la fortuna di stare in contatto con lui. Non foss’altro per il modo con cui, come dicevo sopra, ha affrontato e combattuto la malattia. Senza un minimo di autocommiserazione, di cedimento; certo, ci sono stati dei momenti di difficoltà, ma sempre affrontati con spirito positivo e con una lucidità consapevole ma serena, fino agli ultimissimi giorni, sempre a incoraggiare, lui, chi intorno si preoccupava.

E al di là del suo rapporto con la malattia, era grande l’esempio che dava col suo modo sereno ma deciso di affrontare tutte le difficoltà di lavoro e di vita, con la capacità di trovare sempre gli aspetti positivi in ogni situazione, con la sua continua ricerca di migliorare ancora quel che pareva già ottimo, con la sua enorme curiosità intellettuale, con la consapevolezza delle sue capacità e della sua cultura, ma al tempo stesso con l’umiltà di sapere dove fermarsi per chiedere consiglio. Mi commuovo al ricordo delle tante volte in cui mi chiamava dal numero fisso d’ufficio che sul cellulare appariva come “sconosciuto”, e, dopo che io avevo magari esitato a rispondere − chi sarà mai? − al mio “Pronto!” sentivo con sollievo e piacere all’altro capo dire un semplice: “Romeo”. E subito lanciava un’idea di un’iniziativa da prendere, oppure appunto chiedeva a me spiegazioni perché aveva sentito dire cose che non sapeva, e sperava che io potessi aiutarlo a capirle meglio, sempre nell’ottica di costruire qualcosa di nuovo e di bello.

Se n'è andato il giorno prima che cominciassimo a discutere, a Napoli, sul piano triennale dell’INFN. Quei due giorni a Napoli sono stati segnati dal suo ricordo commosso. Tutti noi della sua tribù INFN abbiamo sentito un grande vuoto per la sua assenza; ho visto piangere persone che non mi sarei aspettato. Ci ha lasciato un’eredità preziosa di realizzazioni, di insegnamenti e anche di persone, eredità che tutti dobbiamo valorizzare e far crescere ancora. Mettendoci, come fino all’ultimo ci ha detto lui, entusiasmo (in alto i cuori) e il massimo dell’impegno (nuotando con vigore).

Grazie Romeo, un abbraccio fortissimo.

Pier Andrea Mandò
INFN, Sezione di Firenze