Fortunato Tito Arecchi (1933 - 2021)

Fortunato Tito Arecchi

Laureatosi in ingegneria al Politecnico di Milano nel 1957 e ricercatore in elettronica nucleare, Fortunato Tito Arecchi, ventiseienne, era visiting researcher a Stanford nel 1960, l’anno fatidico dell’invenzione del laser.

Colse subito l’importanza della scoperta e, da elettronico nucleare, mosse curioso i primi passi nel fertile campo di una nuova elettronica, quella quantistica. Tornato in Italia, nei laboratori del Centro Informazioni Studi Esperienze (CISE) di Milano, con Alberto Sona diede subito vita ad un laboratorio di ricerca sui laser, convertendo competenze e strumentazioni di fisica nucleare. Nel 2010, cinquantesimo anniversario della scoperta del laser, Tito avrebbe scritto: “Nel 1962 realizzammo il primo laser a Elio-Neon, e il fatto che funzionasse ci creò un problema: che cosa farcene?” Come lui stesso scrive, l’allora giovane ricercatore colse la possibilità di “riformulare il concetto di coerenza di un campo luminoso, arricchendone il significato” e realizzò la prima dimostrazione sperimentale delle speciali proprietà statistiche della radiazione laser confrontandole con quelle della radiazione classica. Questi esperimenti costituiscono base fisica per la teoria dell’ottica quantistica che nel 2005 valse a Roy J. Glauber il premio Nobel per la fisica. A questo proposito, nella sua Nobel lecture, Glauber cita la lezione di Arecchi su “Photocount distribution and field statistics” al XLII corso della Scuola Internazionale di Fisica “Enrico Fermi” di Varenna che lo scienziato americano aveva diretto nel 1967 su “Quantum Optics”. Bisogna anche osservare che il “concetto di coerenza” è universale e valica i confini dell’ottica, infatti nel 2006 la Società Italiana di Fisica volle assegnare il Premio Fermi per i “loro contributi pionieristici alla conoscenza dei fenomeni di coerenza nella materia e nella radiazione”, congiuntamente a Fortunato Tito Arecchi, per le proprietà della radiazione coerente, e a Giorgio Careri per quelle dell’Elio superfluido.

Conobbi per la prima volta il professor Arecchi ad Erice nell’estate del 1975, io studente alla quinta edizione di quella International School in Quantum Electronics di cui Tito era responsabile fin dall’inizio nel 1971. Co-direttori dei vari corsi della Scuola erano stati tra gli altri Alberto Sona, già citato per i lavori al CISE, ma anche Orazio Svelto, anche lui pioniere del laser passato da Stanford nei momenti cruciali della rivoluzione, e Rodolfo Bonifacio che già nel 1965 aveva scritto con Tito la teoria degli amplificatori maser nella regione ottica, inizio di una collaborazione che sarebbe durata tutta una vita. L’anno successivo co-direttore sarebbe stato Vittorio Degiorgio che, con Tito e con Bruno Querzola, aveva scoperto già nel 1967 fenomeni statistici nuovi nel transitorio attraverso la soglia che porta alla nascita dell’emissione laser. Anche Vittorio Degiorgio avrebbe continuato a interagire con Tito tutta una vita: avevano iniziato studiando coincidenze di fotoni e, come per una misteriosa coincidenza, insieme ci hanno lasciati in un breve intervallo di tempo. A pensarci, in quei corsi internazionali di elettronica quantistica di Erice, Tito affidava responsabilità a vari protagonisti come lui allievi di Emilio Gatti che a Milano aveva coordinato l’Impresa Maser Laser con cui il Consiglio Nazionale delle Ricerche, con grande tempestività già nel 1962 aveva stimolato la nascita e lo sviluppo del laser in Italia su tre poli a Milano, Firenze e Roma.

Dal 1977 Tito continuò la sua infaticabile opera di organizzatore di numerose scuole per l’insegnamento e il dibattito avanzato nei campi ormai sempre più diversificati dell’elettronica quantistica spostando, però le sedi in Toscana dove nel frattempo, professore a Firenze, partiva col rilancio internazionale dell’Istituto Nazionale di Ottica. Le oscillazioni laser divennero modello per la comprensione di meccanismi di turbolenza, lo studio di instabilità e di vari aspetti di dinamiche complesse, con un’indagine ad ampio spettro di nuove fenomenologie caotiche. Guidando soprattutto gruppi di giovani ricercatori, Tito volle studiare aspetti generali che collegavano la formazione di patterns in un laser con molti modi di oscillazione come modello per fenomenologie in campi diversi come ad esempio nel campo della morfogenesi chimica o della fluidodinamica: amava parlare di una sorta di idrodinamica secca. Colto e curioso sconfinò nella fisica dei processi cognitivi provando a estendere gli studi sul controllo del caos nei laser a fenomeni biologici come quelli cardiaci o neuro cerebrali. Dalla collina di Arcetri, che non ha mai smesso di frequentare, ha collaborato con università e centri di ricerca di tutti i continenti, dalla Russia, alla Cina, dal Medio Oriente all’Africa. Molti suoi allievi hanno prodotto lavori di alto profilo, non solo in Italia, ma in tanti paesi del mondo, a conferma della globalità della scienza. Se la psicofisica della visione è stata oggetto di suoi studi è anche importante ricordare il suo saper cogliere la bellezza dei colori nell’equilibrio delle composizioni artistiche. Ricordo ancora una visita – sotto la sua guida coltissima – alla cappella Brancacci, durante il restauro degli affreschi di Masaccio e di Masolino. Forse non è un caso che con lui l’Istituto Nazionale di Ottica sia anche diventato protagonista di tecniche di diagnostica di frontiera sulle opere d’arte. Tito cercava di usare la creatività per la soluzione di problemi concreti come quello della mobilità nella città di Firenze, che affrontò in modo inatteso col progetto di una originale micrometropolitana.

Si può ben dire che l’interesse globale di Tito sia stato quello della comprensione della complessità del mondo a tutto campo. Non si possono trascurare le sue lezioni di filosofia della scienza presso lo Studio Teologico Fiorentino che lo avrebbero portato a scrivere un libro cui teneva molto su “I simboli e la realtà” con la moglie Iva che avevo conosciuto ad Erice nel 1975, insieme ai figli Stefano, Anna Chiara e Simone. A loro dedico questo mio ricordo di amico e collega.


Massimo Inguscio
Università Campus Biomedico di Roma
European Laboratory for Nonlinear Spectroscopy (LENS), Firenze
Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto Nazionale di Ottica




Ho conosciuto Tito Arecchi più di quaranta anni fa alla fine degli anni ‘70, quando da studente di fisica frequentavo il suo corso di fisica superiore. Ne sono rimasto affascinato per il modo originale ed elegante di trattare argomenti di frontiera come la fisica dei sistemi fuori dall’equilibrio termodinamico. Tito voleva rendere partecipe di quei risultati tutti i suoi allievi, andando all’essenza del problema, superando quelle difficoltà che uno studente sente di avere. Successivamente ho svolto con lui la tesi di laurea e quella di specializzazione in ottica, unica in Italia e da lui voluta presso l’Istituto Nazionale di Ottica (INO). In questo periodo estremamente formativo per me, ho incominciato a capire le sue capacità di grande fisico. Tito infatti ebbe per primo l’idea di considerare il laser come un sistema dinamico, a pochi gradi di libertà, capace quindi di manifestare, per opportuni valori dei parametri di controllo, un comportamento irregolare o più propriamente caotico. Il laser, di cui Tito è stato uno dei pionieri in Italia e di cui aveva studiato per primo le proprietà statistiche dell’emissione nella regione di soglia, era ritenuto un dispositivo stabile e quindi non suscettibile di avere comportamenti impredicibili. Ricordo ancora con entusiasmo quando in quell’esperimento pionieristico abbiamo dato evidenza del caos e della multistabilità generalizzata, ossia del fatto che potevano coesistere due o più soluzioni per gli stessi valori dei parametri di controllo. Questi risultati motivarono la ricerca a livello mondiale nei decenni successivi.

Il rapporto con Tito andò via via aumentando passando da un rapporto maestro-allievo a quello di collega, con cui condividere i nuovi risultati che emersero nella dinamica dei laser. Tra questi vorrei citare il laser con feedback elettro-ottico sia nella versione istantanea che ritardata. Le attuali configurazioni caotiche che impiegano laser a semiconduttore con feedback elettro- ottico, oppure ottico, negli schemi per le comunicazioni codificate sono riconducibili a quelle per prime usate all’Istituto di Ottica. Sebbene il mio ricordo si soffermi sugli aspetti a cui ho contribuito personalmente, Tito ha sviluppato con altri colleghi altre importanti linee di ricerca nel campo dei sistemi complessi sia dal punto di vista teorico che sperimentale, tra queste ricordo i vortici ottici e la loro statistica, il controllo e la sincronizzazione del caos. Sarebbe però riduttivo legare il ricordo di Tito solo a questi aspetti. Egli ha infatti saputo stimolare e motivare la ricerca in molti altri campi dell’ottica e della fisica quantistica, di cui l’INO è uno dei riferimenti nel panorama scientifico mondiale.

In questo ultimo periodo, quando la pandemia ha profondamente mutato le nostre vite, il suo entusiasmo per la fisica non si è attenuato. Lo posso affermare con sicurezza considerando che ho continuato a interagire con lui fino a pochi giorni prima della sua scomparsa. Abbiamo infatti rivisitato un nostro modello del laser con feedback dimostrandone i caratteri di universalità nel senso che il nuovo modello ha le stesse potenzialità di altri modelli paradigmatici per il caos basso dimensionale. Questo dimostra come un’idea nata circa trentacinque anni fa possa essere ancora attuale, considerando la sua generalità, e per di più sempre suffragata da evidenze sperimentali.

Per concludere mi sento onorato per la lunga e prolifica collaborazione e ancor più motivato nel proseguire nella sua scia, consapevole di aver avuto un grande maestro sul colle di Galileo.

Riccardo Meucci
INO-CNR, Firenze
Università di Firenze