In Ricordo di Alessandro Alberigi Quaranta (1927-2012)

L’operato scientifico

Il giorno 2 marzo 2012 è mancato Alessandro Alberigi Quaranta, Professore Emerito dell’Uni­versità di Modena e Reggio Emilia, uno degli scienziati di maggior rilievo nella scena italiana dell’ultimo mezzo secolo, che ha dato grande impulso alla ricerca nel campo dell’elettronica, della struttura della materia e dell’informatica, esperto appassionato di organizzazione della Scuola, dell’Università e della ricerca sia accademica che industriale. Fattivo collaboratore della Società Italiana di Fisica della quale è stato membro del Consiglio di Presidenza e Direttore Editoriale negli anni 1964-1970, Medaglia d’Oro ai Benemeriti della Scienza e della Cultura.

Alessandro Alberigi Quaranta

Alberigi era nato a Reggio Emilia il 15 giugno 1927 da una famiglia nobile di origine mantovana [1]. Nel 1948, a soli 21 anni, si laureava con lode in Fisica all’Università di Roma. Presso questa stessa Università iniziava immediatamente la sua carriera accademica, come assistente e professore incaricato.

Dal 1956 al 1960 è stato ricercatore presso i Laboratori Nazionali di Frascati, dove ha partecipato attivamente alla costruzione dell’elettrosincrotrone da 1.1 GeV, iniziata nel 1957 e terminata due anni dopo. Durante quegli anni, nel 1958, ha ottenuto la libera docenza in Fisica Sperimentale.

L’avvio dell’attività scientifica di Alberigi è stato caratterizzato da un momento particolare della fisica italiana. Ettore Pancini, infatti, che lo ha guidato nei suoi primi anni di attività, aveva partecipato al noto esperimento di Conversi-Pancini-Piccioni (CPP) che, pochi anni prima, aveva portato alla scoperta del mesone μ. L’esperimento CPP ha contribuito grandemente a conservare l’alto livello internazionale dell’Italia nella ricerca fisica e a mantenere, nel campo delle alte energie, quel prestigio conquistato dalla scuola di Fermi nel campo della fisica nucleare. Da questa situazione è nato l’interesse di Alberigi per la fisica delle particelle elementari e in particolare per la fisica del mesone μ. Inoltre, gli esperimenti sui mesoni richiedevano l’analisi di intervalli di tempo molto brevi misurati con grande precisione. Da qui l’altro interesse scientifico che ha caratterizzato la prima parte dell’attività di Alberigi: l’elettronica nucleare veloce.

Per quanto riguarda la ricerca di fisica dei mesoni Alberigi ha contribuito in modo significativo alla determinazione della vita media del μ in materiali di diverso numero atomico e, soprattutto, alla misura della sezione d’urto per la fotoproduzione di coppie di μ, dimostrando per la prima volta sperimentalmente l’esistenza di questo processo, già previsto dalla teoria.

Sul fronte dell’elettronica, i risultati principali di questo primo periodo di attività riguardano circuiti elettronici per la misura di brevi intervalli temporali, convertitori analogico-digitali, analizzatori di impulso di vario tipo e, soprattutto, la realizzazione di amplificatori lineari rapidi a grande range dinamico.

Nel 1960 Alberigi si trasferisce all’Università di Bologna, dove fonda il Laboratorio di Elettronica del Dipartimento di Fisica “A. Righi” aggregando un gruppo di giovani collaboratori (tra cui lo scrivente) e dove continua a lavorare sull’elettronica per la ricerca sperimentale nel campo delle particelle elementari, ricerca che in quegli anni vede il suo baricentro presso il sincrociclotrone del CERN di Ginevra. È del 1960, inoltre, il testo “Elettronica”, scritto in collaborazione con B. Rispoli e pubblicato dalla Zanichelli, sul quale si sono formate intere generazioni di futuri ingegneri. Questo testo sarà poi seguito da numerosi altri dedicati a studenti dell’Università e delle Scuole Superiori.

L’attività bolognese sui rivelatori a stato solido per radiazioni nucleari porta a scoprire che esiste un anomalo allungamento del segnale elettrico prodotto nel rivelatore dalle cariche generate dalla radiazione. Queste cariche si muovono, all’interno del materiale del rivelatore, con una velocità minore di quanto previsto dalla ben nota legge di Ohm. L’effetto risulta dovuto al fenomeno detto degli “elettroni caldi”. Alberigi, con la sua straordinaria capacità di vedere da lontano dove si rivolgerà l’interesse della ricerca negli anni a venire, comprende che le misure che si stanno effettuando nel suo laboratorio possono costituire uno strumento di indagine formidabile per studiare le proprietà di trasporto delle cariche nei semiconduttori. Tali proprietà saranno infatti presto di grande interesse per tutta l’elettronica a stato solido che vede in quegli anni l’avvio di un enorme sviluppo ancora in corso ai nostri giorni. Ne nasce una svolta radicale della attività di ricerca di Alberigi, dall’elettronica alla struttura della materia, con una serie di misure sulle proprietà del trasporto elettronico in semiconduttori ad alti campi elettrici. Tali esperimenti riguardano sia la mobilità che la diffusività di elettroni e lacune in vari materiali, sia a temperatura ambiente che a basse temperature. Contemporaneamente, un’intensa attività teorica si sviluppa all’interno dello stesso gruppo e quindi in stretto contatto con le misure sperimentali. Facendo uso della nuova tecnica di calcolo Monte Carlo, questa attività mette a punto modelli fisici sempre più raffinati del trasporto di carica nei materiali in esame.

Nel frattempo, nel 1967, Alberigi era stato chiamato a ricoprire la cattedra di elettronica all’Università di Modena, dove trasferisce il suo laboratorio e il suo gruppo di giovani collaboratori. Il laboratorio viene collocato in una villetta al n. 70 di via Vivaldi, separata dal nucleo centrale dell’Ateneo. Qui viene effettuata la maggior parte delle misure di trasporto elettronico indicate sopra, anche grazie alla costruzione di uno speciale apparato sperimentale, un cannone elettronico capace di fornire elettroni con energia fino a 30 keV in “pacchetti” di durata inferiore a 100 picosecondi. Ad un congresso internazionale, un collega americano sintetizzò così l’utilità di questo strumento: “la radiazione nucleare arriva sul rivelatore quando vuole Dio, con il cannone gli elettroni arrivano quando vuole Giampiero [2]”. Dopo quasi mezzo secolo i risultati di “via Vivaldi” sono ancora il riferimento standard per i progettisti dei moderni dispositivi della microelettronica.

In quegli stessi anni Alberigi, insieme ad alcuni suoi collaboratori, nell’ambito di numerosi contratti di ricerca tra Università ed industrie nazionali, si occupa anche di un campo della fisica di più immediata applicazione industriale: quello della sensoristica. Utilizzando la dipendenza delle proprietà elettroniche dei materiali da diversi parametri esterni si possono costruire sensori di temperatura, pressione, flusso, etc., naturalmente corredati dalla relativa elettronica necessaria al loro impiego.

Accanto alla specifica attività di ricerca, Alberigi ha sempre nutrito un vivo e crescente interesse per la formazione, l’organizzazione della ricerca e dell’Università e il trasferimento tecnologico. Questo interesse è documentato da molte pubblicazioni sulla didattica, sull’organizzazione della Scuola e della Formazione Professionale, della ricerca universitaria e industriale e sul rapporto tra questi vari centri di attività.

Ai primi anni ’70 all’Università di Modena, un gruppo di giovani ricercatori, sulla spinta del rinnovamento in atto in quegli anni negli atenei italiani, stava organizzando un nuovo Centro di Calcolo che permettesse il migliore utilizzo degli elaboratori elettronici che venivano allora messi a disposizione della ricerca. A questi giovani non erano sfuggite l’intelligenza e la sensibilità di Alberigi per i problemi dell’organizzazione della ricerca. Così, avendo bisogno di una figura universitaria di peso per far procedere la loro iniziativa, gli chiesero di dirigere il nuovo Centro. Accettando quella richiesta, Alberigi dette il via alla seconda svolta radicale della sua attività: dalla struttura della materia all’informatica. Ancora una volta la sua lungimiranza lo portò ad intuire dove stava andando la ricerca di maggior interesse.

La strada è stata poi percorsa rapidamente: dopo alcuni anni di direzione del Centro di Calcolo dell’Università di Modena Alberigi è passato alla direzione del Centro di Calcolo Interuniversitario CINECA di Casalecchio (Bologna). Qui, dal 1975 al 1981, ha promosso attività di ricerca e applicazioni nel campo della performance evaluation degli elaboratori elettronici, partecipando attivamente ad alcune delle ricerche effettuate. Se oggi il CINECA dispone di una delle più importanti infrastrutture di elaborazione in Europa lo si deve anche all’impegno e alla lungimiranza di Alberigi.

Nel 1984 Alberigi è nominato Presidente di Italsiel, e l’anno successivo Vice Presidente e Amministratore Delegato di Finsiel, il più grande gruppo informatico italiano, secondo in Europa, nel settore del software, di cui sarà Presidente dal 1985 al 1990. In questi anni, oltre alla gestione di questa importante azienda, si è impegnato in ricerche relative ai problemi economici del settore informatico. L’interesse per i problemi della gestione dell’informatica è rimasto fino ad anni recenti ed è testimoniato da diverse pubblicazioni sulla gestione e valutazione di siti web e sulla valutazione degli investimenti su internet.

Oltre a quanto già indicato sopra, Alberigi ha ricoperto numerosi e prestigiosi incarichi accademici e professionali: Membro del Consiglio di Amministrazione dell’Università di Modena e dell’Università di Roma II; Direttore dell’Istituto di Fisica e del Centro Strumenti dell’Università di Modena, Presidente della Commissione di esperti dei problemi tecnici ed amministrativi relativi alla elaborazione automatica universitaria (Ministero Pubblica Istruzione); Membro della Commissione Generale Informatica del Consiglio Nazionale delle Ricerche; Presidente del Comitato Tecnico-Scientifico del Forum per la Tecnologia dell’Informazione; Membro dell’Advisory Committee on Applied Physics and Physics in Industry della European Physical Society; Membro del ACCDHP (Advisory Committee on Computing and Data Handling Policy) del CERN di Ginevra.

Il Prof. Alberigi ha fatto parte di numerose Società Scientifiche nazionali e internazionali, tra le quali sono da ricordare la Società Italiana di Fisica, di cui è stato anche Socio Benemerito, la American Physical Society, la Associazione Elettrotecnica ed Elettronica Italiana, la Associazione Italiana Calcolo Automatico. Infine, è stato nominato Fellow dell’Institute of Electrical and Electronics Engineers (IEEE).

A coronamento di una lunga e brillante carriera professionale, nel 1998 il Presidente della Repubblica ha attribuito al Professor Alessandro Alberigi Quaranta la Medaglia d’Oro ai Benemeriti della Scienza e della Cultura.

Per molti anni ancora Alberigi ha frequentato il Dipartimento di Fisica, continuando a tenersi informato sulla fisica dei semiconduttori e sui problemi della ricerca in Italia, mettendo a disposizione le sue competenze e la sua esperienza ai colleghi più giovani.

Carlo Jacoboni
Università di Modena e Reggio Emilia

Il “Maestro” - Ricordi personali

Alessandro Alberigi ci ha lasciato. L’avevo visto per l’ultima volta a Natale quando, assieme a mia moglie, gli avevamo portato a Modena i nostri saluti ed auguri. Mi aveva cercato qualche mese prima quando, a seguito di un grave malore, era stato ricoverato in ospedale. Mi fece dire che avrebbe avuto piacere di salutarmi. Naturalmente il giorno dopo andai a fargli visita. Lo trovai abbattuto fisicamente, ma completamente lucido tanto da chiedermi notizia di tutti i miei famigliari, non solo dei figli, ma anche dei loro rispettivi compagni, dei quali eravamo soliti chiacchierare, specie in merito alle loro scelte professionali.

Alessandro Alberigi Quaranta All’improvviso si fece più serio e mi chiese: “Hai preparato il coccodrillo? Sai che toccherà a te, vero? Sarei contento se tu scrivessi qualche riga in mio ricordo”. Naturalmente cercai di nascondere lo sconforto con qualche parola di circostanza, cosciente però che quelle frasi avevano il sapore di un saluto definitivo. Ed infatti qualche tempo dopo arrivò la telefonata con la triste notizia della sua morte.

È per me difficile raccontare le reazioni alla cattiva notizia: tristezza, sgomento, senso di vuoto, abbandono, smarrimento. Sì, tutto ciò che si prova quando si perde un punto di riferimento, soprattutto se tale è stato per lunghi anni della tua vita.

Ci eravamo conosciuti nel 1965, quando io, giovane studentello del corso di laurea in Fisica a Bologna, mi presentai nel suo studio, lo studio del grande Capo (lo chiamavano tutti così, tranne gli studenti di Ingegneria del suo corso di Fisica II che usavano appellativi molto più irriverenti), per chiedergli di essere il relatore della mia tesi di laurea e affidarmene quindi il tema.

Di tutto parlammo, anzi parlò lui, fuorché dell’argomento della mia tesi; per quello, mi disse, ci sarebbe stato tempo. Mi raccontò qual’era stato il suo percorso accademico e professionale dalla laurea al lavoro a Frascati, al trasferimento a Bologna, alla nascita del Laboratorio di Elettronica dell’Istituto “A. Righi”, alla sua attività di ricerca al CERN.

Mi illustrò poi come lui intendeva il lavoro di preparazione della tesi: non si trattava solamente di scegliere un argomento ed indagarne a fondo gli aspetti scientifici, magari anche apportando qualche contributo originale alla sua comprensione. Sì, tutto questo era da fare, ma era altrettanto importante, se non di più, imparare a vivere in un laboratorio di ricerca, a conoscerne tutti i dettagli, a lavorare assieme ad altri colleghi, giovani ed anziani. Tutto questo ovviamente non avrebbe più lasciato spazio alla goliardia ed alla flanella studentesca; e, tanto per ribadire il concetto, mi congedò con le parole “arrivederci a domattina alle 8, anzi venga un po’ prima che ci sarà da rabboccare l’azoto liquido nei dewar”.

Poi è arrivata la Laurea, le prime borse di studio, il posto di assistente (ovviamente volontario), le esercitazioni del corso di Fisica II per studenti di Ingegneria (accidenti, che batticuore le prime volte in aula), i primi incarichi di insegnamento. In tutto questo guidato ed indirizzato da Alessandro. Sembrava sempre che ti indicasse una strada da lui scelta per motivi sconosciuti, ma dopo qualche riflessione ti rendevi conto che aveva perfettamente capito le tue propensioni e le tue caratteristiche professionali e cercava di fartele utilizzare al meglio. Credo che in questo spirito e consci delle opportunità che la sua guida offriva, qualche anno dopo tutti i giovani ricercatori che lavoravano al laboratorio di Elettronica scelsero di seguirlo nella nuova avventura modenese; nell’Ateneo di quella città Alberigi fu infatti chiamato a ricoprire la Cattedra di Elettronica nel 1967. Nasce in quegli anni il gruppo di via Vivaldi di cui si parla nelle pagine qui accanto. L’attività di ricerca è intensa e spazia dallo studio delle proprietà di trasporto nei materiali semiconduttori, alla progettazione e realizzazione di sofisticata strumentazione elettronica, allo studio e sviluppo di sensori di grandezza fisiche. Il gruppo si arricchisce progressivamente di altri giovani non solo modenesi, formati nell’Ateneo locale, ma anche di studenti dell’Università di Bologna che Alberigi e le ricerche svolte nel gruppo continuano ad attirare. Poi, piano piano, i giovani cominciano a marciare con le loro gambe, avviandosi ad intraprendere le loro carriere che nella quasi totalità dei casi risulteranno di tutto riguardo.

Alberigi guarda questa fase delle sviluppo del gruppo e dei suoi singoli componenti con la solita attenzione, ma senza mai accennare ad un intervento improprio che tolga ai suoi ragazzi la soddisfazione di poter pensare di aver raggiunto i propri obiettivi per meriti personali e non per manovre baronali. Anzi, ad un certo punto ci annuncia formalmente che il suo percorso professionale, dopo alcuni anni passati alla direzione del Cineca, si sta orientando al mondo dell’informatica al di fuori dell’Università. Sono gli anni del suo passaggio prima in Italsiel e poi in Finsiel dove occuperà per oltre dieci anni posizioni di vertice. Sono gli anni ottanta, i suoi “giovani” sono arrivati o stanno arrivando al top della carriera accademica ed iniziano a gestire loro stessi le attività del gruppo modenese, in alcuni casi, mentre, in altri, intraprendono vie diverse in altre Università: Bari, Padova, Sassari, Lecce, Brescia o in altre Facoltà dell’Ateneo Modenese, portando nelle nuove sedi un bagaglio di insegnamenti e di competenze che contribuiranno a segnarne la positiva evoluzione.

Accanto a questo ruolo di “Maestro” (una volta si chiamavano così), mi piace però ricordare Alessandro anche per i rapporti più amicali ed umani che hanno caratterizzato il secondo ventennio della nostra collaborazione ed amicizia. Da lui ho imparato che anche le giornate di sabato e domenica possono essere impiegate per lavorare occupandosi di cose interessanti e divertenti. Ne abbiamo passate tante assieme curando per esempio i primi lavori per informatizzare la gestione delle attività editoriali della SIF o dell’Editrice Il Mulino, oppure per preparare corsi di formazione per dirigenti Finsiel sulla comunicazione scritta o attività di laboratorio di fisica per i ragazzi in formazione professionale, per scrivere qualche relazione per il Forum per la tecnologia dell’informazione o un libro sull’Università che avevamo in mente, oppure, più semplicemente, preparando in gara tra di noi un risotto o un piatto di cappelletti romagnoli.

Non potrò dimenticare neppure la più che ventennale esperienza vissuta prima al suo fianco quando era Direttore Editoriale delle riviste SIF poi con la sua collaborazione quando lo avvicendai in quella carica. Sono di quegli anni, con le Presidenze prima di Castagnoli e poi di Ricci, le operazioni di recupero svolte sul Nuovo Cimento e sulla sua diffusione negli ambienti della ricerca internazionale, la nascita di nuove sezioni del Nuovo Cimento, la fondazione di Europhysics Letters prima ed EPJ successivamente.

E oltre ai giorni trascorsi sulle “sudate carte” non mi riuscirà neppure di dimenticare i lunghi periodi passati in navigazione nel Mediterraneo sulla sua barca a bordo della quale esercitava di nuovo, e lo ha fatto fino ad età avanzata, la sua divertente e divertita propensione al comando già evidenziata in tutta la sua vita.

Ciao Comandante; è stato bello trascorrere assieme quasi cinquant’anni. Continua ad addestrare buoni marinai.

Andrea Taroni
Università Carlo Cattaneo - LIUC, Castellanza

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Note al documento

1

Conti di Quaranta, dove Quaranta era un possedimento dei Gonzaga di Mantova nel Monferrato. La dizione “Alberigi dei conti Quaranta” è stata utilizzata con l’avvento della Repubblica, poi riportata da Alessandro alla forma originale “Alberigi Quaranta”. Sono grato al Dott. Marco Alberigi, figlio di Alessandro, per queste notizie di carattere famigliare.

2

Giampiero Ottaviani, uno dei primi allievi di Alberigi, che nel gruppo divia Vivaldi è stato il principale responsabile della costruzione e dell’operazione del cannone elettronico.