Claudine Abraham-Ricci (1925-2022)

Claudine Abraham-Ricci

“... Tornano le memorie
di una vita assai vissuta
Le infinite storie
d’una storia ormai compiuta
Ho preso la tua mano
per stringerla al mio cuore ...”

È forse un caso eccezionale, certo non usuale che, tra i ricordi di colleghi o comunque di persone in qualche modo affiliate alla SIF, e pubblicati su Il Nuovo Saggiatore, possa apparire il ricordo di una persona solo “apparentata” come la moglie di un socio, magari un Presidente Onorario come il sottoscritto, già Presidente per 17 anni. Ma Claudine Abraham-Ricci può considerarsi un’eccezione e per chi l’ha conosciuta (in ambito SIF e anche INFN, sono molti), non apparirà sorprendente.

In effetti, in molteplici circostanze riguardanti non solo la SIF e l’INFN ma anche altre istanze nazionali e internazionali (Congressi Nazionali, Scuola di Varenna, Conferenze Internazionali, missioni e soggiorni all’estero), quasi sempre Claudine mi accompagnava e, data la sua cultura, non solo letteraria e musicale in cui eccelleva ma anche filosofica e, soprattutto, la sua intelligenza aperta e l’amabile e discreta partecipazione non lasciava indifferenti.

Avrebbe potuto (lo fece per breve tempo, allora non era facile, a Torino prima nostra sede in Italia dopo il matrimonio, settanta anni fa), inserirsi in significative attività professionali. Preferì invece fare una scelta precisa e consapevole: dedicarsi alla famiglia, pur restando culturalmente aggiornata e all’altezza di ogni situazione e confronto. Lo testimoniano i nostri figli, Marco che interviene in questo ricordo e Françoise, le cui doti non sono da meno.

Settant’anni di matrimonio dunque. Ci eravamo conosciuti un anno prima, il 17 febbraio 1951 alle ore 17 sulla porta della Sorbona, numero 17 di rue de la Sorbonne. Qualcuno oggi sa perché io abbia una particolare predilezione per il numero 17.

Da allora era difficile non notare la sua presenza e non coltivare amicizie e rapporti duraturi nell’ambito scientifico sia in Italia e in Francia che all’estero, in particolare con coppie altrettanto affiatate e durature, una prerogativa piacevole e a mio parere positiva, che caratterizza molti fisici e che ci permise di essere noti e bene accetti in molte parti del mondo e, poiché non infrequenti erano le occasioni in cui viaggiassimo insieme con i nostri figli, eravamo indicati ed accolti con un “ecco la famiglia Ricci” pieno di simpatia e di rispetto. Simpatia e rispetto che Claudine suscitava per le sue doti che io non potei non rammentare nel mio ricordo durante la cerimonia funebre: la dignità, la discrezione, la dolcezza. Senza dimenticare il coraggio che, se da giovane la salvò dalla persecuzione nazista (di famiglia ebrea paterna e materna, il padre e quasi tutta la famiglia paterna finiti nei forni crematori di Auschwitz), dall’altra la portò a partecipare, insieme con la madre (in seguito decorata), alla resistenza organizzata nella regione di Grenoble. Tali vicende, e ciò avvenne anche a me in Italia negli stessi anni 1944-45 come staffetta partigiana, le avevano insegnato ad affrontare periodi difficili e duri della vita anche nel seguito, come nel caso di gravi malattie e prove dolorose.

Oltre al coraggio e alla forza d’animo, conosceva la sopportazione, senza tuttavia ombra di rassegnazione men che meno di resa, ma rafforzando la consapevolezza del dovere oltre che del coraggio di vivere.

Per questo, avendo affrontato insieme problemi e difficoltà uscendone con l’animo libero, potevo affermare che “...conoscendola si poteva capire il significato e l’importanza di vivere e affrontare le difficoltà della vita con la comprensione delle anime elette”. Ricorderò le sue parole espresse in uno di questi momenti difficili della nostra vita, e lo faccio, per una sorta di deferenza, nella sua lingua materna: “J’ai regardé au fond de mon coeur, et j’y ai vu la mer calme comme un ciel d’été. Il n’y avait plus de tempêtes - Il ne pouvait y avoir plus de tempêtes, car la vie nous avait donné cet immense pouvoir de les enchainer avec notre amour.”

È con questa certezza che resta il suo ricordo nel momento di pensare all’addio, un addio che svanisce con la discrezione di una storia di grande umanità. Ho aperto questo mio ricordo, assai doloroso, con alcuni versi di una delle ultime poesie (ne ho scritte molte, quasi tutte inedite) tra quelle dedicate a Claudine. Lo chiudo con altri versi di una poesia ovviamente più recente e che non possono che riferirsi all’inconsolabile addio

“... La porta si apre
sul nostro destino
al di là della vita.
Non vediamo
altro che ombre,
le nostre forse,
che ci dicono addio.
Qualcosa resta ancora
a farci vivere,
è l’amore di chi ci ama...”


Renato Angelo Ricci
Presidente Onorario SIF



In ricordo di mia madre

Avendo avuto la fortuna e il privilegio di condividere con i propri genitori un lungo cammino e percorso di vita, la prima cosa che viene alla mente e parte dal cuore è: grazie! Il più grande sentimento di gratitudine, di riconoscenza, di affetto e amore filiale verso mia madre è legato – da un filo indissolubile – alla sua pazienza, la sua dolcezza, la sua attenta premura nel condurci, mia sorella Françoise e me, a volte per mano, a volte con una parola, altre con uno sguardo, altre ancora con un silenzio parlante, attraverso sentieri anche impervi e accidentati della nostra crescita, senza mai perdere i riferimenti e le certezze che ci voleva trasmettere.

E lo ha fatto a modo suo, con forza e delicatezza, con perseveranza e leggerezza, con fermezza e rettitudine, mettendo da parte, discretamente e non facendo pesare il suo travagliato vissuto, lei che aveva attraversato, in giovane età con tutta la sua famiglia di origini ebraiche, i periodi più bui e oscuri, con atroci sofferenze, quando l’Umanità era precipitata nella notte della guerra e dell’annientamento.

Ed è proprio da questo bagaglio di sofferenze, ma anche di coraggio e determinazione, che ha saputo ricavare e ritrovare in sé forze, energie e speranze per ricostruire una vita, una famiglia, condivisa per più di 70 anni con nostro padre, in un rapporto unico e straordinario di reciproca simbiosi, e dare nuova vita a noi figli che ora la ricordiamo commossi, addolorati e riconoscenti.

Tra le tante cose che un figlio potrebbe ricordare e che tornano impetuose alla mente in un momento così triste e intenso, voglio sottolinearne una in particolare, perché il segno che ha lasciato nel nostro modo di vedere le cose (e qui parlo anche per mia sorella) resta indelebile e ha tracciato, in condivisione ma anche in autonomia, lo spazio e il tempo delle nostre vite.

Mia madre Claudine era una persona di grande cultura, di studi classici e letterari, laureata alla Sorbona di Parigi (dove tra l’altro incontrò mio padre, e fu per sempre. Ma questa è un’altra storia che fa parte del suo vissuto, intimo e profondo). Ha saputo trasmettere a noi figli, in un modo straordinariamente naturale e potente, l’amore per l’arte, il gusto per il bello, la grande e profonda passione per la musica, lei che dovette interrompere lo studio del pianoforte a causa della guerra, lei, frequentatrice di musei e di concerti e avida divoratrice di libri, fino a quando, con grande sofferenza, non fu più in grado di leggere a causa della quasi totale perdita della vista. Non mancava occasione in casa che si ascoltasse buona musica, anzi, la musica era il sottofondo della nostra vita quotidiana, dato che pressoché in ogni stanza c’era sempre una radiolina accesa che ne diffondeva le note, musica quasi sempre classica, ma anche di altri generi.

E poi, quando sono nati i suoi nipoti, i miei figli, Giorgio e Carlo, mia madre si è trasformata con grande naturalezza in dolcissima e affettuosa nonna che, anche se fisicamente distante (lei a Padova, noi vicino a Roma), ha saputo trasmettere a sua volta, nelle occasioni di incontro, il calore di una parola di saggezza, il tenero gesto di una carezza, che i ragazzi porteranno con sé come un indelebile ricordo. Due settimane prima che mia mamma mancasse, i miei figli erano andati a trovarla per un paio di giorni, quando lei stava già molto male, consumata e indebolita. Ma questa visita le aveva dato grande gioia e conforto e ce lo aveva fatto capire.

Lo stesso conforto che noi – mio padre, mia sorella ed io – abbiamo cercato di darle negli ultimi momenti, a casa, fino all’estremo saluto. Se ne è andata con la stessa dolcezza e serenità che aveva manifestato in vita con noi e con tutti coloro che l’hanno incontrata e conosciuta.

E a lei vorrei dedicare i brevi versi di un poeta e di uno scrittore che credo ben rappresentino il nostro modo di porci di fronte a questo grande mistero che è la vita e la sua fine.

...Tacevi. Anch’io;
la muta lontananza
si dissolveva in luce ...
(da Notturno di Hermann Hesse)

Cercare nel buio qualcosa che non c’è
E trovarlo
(da C’è un limite al dolore di Ennio Flaiano)


Marco Ricci
INFN, Laboratori Nazionali di Frascati



Il 21 ottobre 2022 ci ha lasciato Claudine Abraham, adorata moglie di Renato Angelo Ricci.

Claudine non era un fisico, ma è parte della comunità SIF, essendo stata presente al fianco di Renato Angelo Ricci durante i suoi 17 anni di presidenza, ed essendo stata per questo conosciuta, ammirata e apprezzata.

Ho conosciuto Claudine a Villa Monastero, a Varenna, nel 1987 dove mi trovavo per seguire il 103° corso della Scuola Internazionale di Fisica “Enrico Fermi”, dedicato alla Fisica Nucleare, e organizzato dai Proff. Paul Kienle, Renato Angelo Ricci e Antonino Rubbino.

Claudine era presente ai momenti conviviali della Scuola.

Mi colpì subito per la sua elegante bellezza e per i suoi modi gentili e discreti.

Seppi che era francese e, con un po’ di faccia tosta, le chiesi di aiutarmi nella traduzione di una poesia di Baudelaire. Lei accettò subito e con molto entusiasmo e quella poesia, tradotta in più momenti di quella settimana di scuola, fu una preziosa occasione, per scambiarci i nostri pensieri e iniziare una delicata amicizia che non ha mai avuto interruzioni. Siamo sempre rimaste in contatto.

Ci siamo incontrate spesso ai Congressi della Società Italiana di Fisica in special modo durante la presidenza Ricci.

Ci siamo scambiate piccoli doni ricolmi d’affetto, confidenze e spesso preoccupazioni reciproche su cose personali.

Una preziosa, delicata amicizia, di cui Claudine mi ha onorato e che conserverò nel mio cuore per sempre.


Sara Pirrone
Consigliere SIF
INFN, Sezione di Catania