Quello che gli occhi non vedono
È difficile dire meglio e di più di quanto scrive Mario Tozzi nella succinta presentazione di questo ottimo libro di Alberto Diaspro riguardo alla qualità di divulgazione. È molto importante che riescano a fare grande divulgazione scientifica coloro che sono professionalmente impegnati in ricerche avanzate. Riuscire a spiegare in parole semplici, eppure rigorose, il proprio mondo di ricerca e dintorni realizza il duplice fine di accrescere la pubblica consapevolezza del valore e utilità della scienza, e nel contempo di dare un più ampio significato e valore etico a quanto si sta facendo in laboratorio, per quanto specialistico sia. A parte le macchine, il microscopio e il telescopio sono le prime protesi di cui l’uomo si è dotato per osservare e misurare ciò che supera la capacità dei sensi, e giustamente la loro invenzione si colloca agli inizi della rivoluzione scientifica. Scriveva Bernardino Telesio (1509-1588) nel suo De rerum natura iuxta propria principia: “Mundi constructionem, corporumque in eo contentorum magnitudinem, naturamque non ratione, quod antiquioribus factum est, inquirendam sed sensu percipiendam”. Ed è circa quando muore Telesio che nasce il microscopio, probabilmente a opera dell’olandese Hans Janssen (padre, e non fratello di quel Zacharias, al quale altri attribuiscono l’invenzione, benchè a quel tempo egli fosse bambino). Ma una forte passione scientifica può certamente nascere nell’infanzia, come ci racconta Diaspro della sua esperienza (Cap. 1), spinto dal fermo proposito di sconfiggere quel cancro che gli aveva portato via la sua bellissima nonna. Così la passione del piccolo Alberto per osservare “quello che gli occhi non vedono” l’ha portato dai fiocchi di neve agli studi universitari, dalle lezioni di Bruno Bianco alla super-risoluzione e finalmente ai suoi concetti di microscopia multi-messaggera e liquitopy; e dalla dolorosa vicenda della nonna all’identificazione, attraverso la micro-luminescenza, dell’aloe- emodina come efficace chemioterapico.
Basterebbe osservare! Partendo da Guccini, che vorrebbe avere occhi spalancati sul mondo, attraverso Yogi Berra, concentrato su una rapidissima palla da baseball, fino all’infinità del nanospazio evocato da Feynman, Diaspro ci conduce nel Cap. 2 attraverso una breve storia del microscopio ottico, dagli Janssen e van Leeuwenhoek a Hooke, fino ad Amici, Zeiss, Abbe, Pasteur, Koch, insomma verso la microbiologia, l’osservazione delle single cellule, organizzate appunto come le celle di un micro-convento, per giungere con le microscopie X ed elettroniche a vedere macromolecole, DNA e infine, con l’STM, gli atomi singoli e le onde elettroniche del mare di Fermi!
Introdotto dai colori del buio di Roberto Vecchioni e da un Anthem di Leonard Cohen, entra in scena l’arcobaleno (Cap. 3). Diaspro, per rendere l’idea, evoca l’epocale passaggio televisivo dallo sbarco sulla Luna in bianco e nero ai giochi olimpici di Montreal 1976 a colori! Le vetrate colorate sono una meravigliosa tecnologia antica, ma occorre attendere Golgi e Ramon y Cajal (Nobel 1906) per riuscire a colorare i neuroni e iniziare a dipanare la microscopica matassa dei tessuti biologici. Dalla microscopia a contrasto di fase di Frits Zernike, alle scoperte della chemi- e bio-luminescenza, e l’avvincente storia della GFP (green fluorescent protein), si perviene a una “tavolozza per colorare il vivente”. Poi, nel 1989, la prima spettroscopia di singola molecola e quindi i meccanismi di attivazione e disattivazione di molecole fluorescenti, fino alla microscopia a fluorescenza super-risolta di Eric Betzig, Stephan Hell e William Moerner: una storia salutata da una raffica di premi Nobel, sia in fisica e chimica che in medicina.
Il passaggio dall’ottica geometrica all’ottica fisica, inevitabile quando gli oggetti da osservare sono piccoli quanto le lunghezze d’onda delle sonde, è spiegata da Diaspro (Cap. 4) con la storia di un vetro curvo, dall’ottica di Tolomeo, attraverso Ibn Sahl e il trattato di al-Haytham (Alhazen), del quale abbiamo celebrato con l’anno della luce 2015 il millenario, a Snellius, Cartesio, Newton, fino ai dischi di Airy e alle nozioni di risoluzione, limite diffrattivo, principio di sovrapposizione, point spread function, rumore, trasformate di Fourier e armoniche. All’esplorazione microscopica del mondo a tre dimensioni (Cap. 5), l’autore e Bruno Bianco hanno dato un grande contributo sviluppando più di trent’anni fa la tecnica del defocusing in microscopia, ossia la focalizzazione piano per piano che consente di ricostruire, mediante sezionamento ottico computazionale, la struttura tridimensionale di un campione. Illustrando la microscopia ottica confocale Diaspro evoca il grande contributo di Giuliano Toraldo di Francia e il grande progresso compiuto con la microscopia a due fotoni. La lunga vicenda della microscopia 3D, iniziata con l’ultramicroscopio di Zsigmondy e Siedentopf all’inizio del ‘900, approda alla selective plane illumination microscopy di Jan Huisken, e all’impiego della fluorescenza eccitata da impulsi laser ultra-brevi.
Con i laser ultra-veloci fa irruzione in microscopia (Cap. 6) la quarta dimensione, il tempo, nel quale si fissano i fenomeni transienti, che seguono a un impulso ultra- breve, collocato al tempo zero. Da qui un florilegio di nuove microscopie e acronimi, quali FRAP (fluorescence recovery after photobleaching), FLIM (fluorescence life-time imaging microscopy), FRET (fluorescence resonance energy transfer), quest’ultima come tecnica analitica di biomolecole. Le possibilità di intrappolare e studiare cellule vive hanno portato Arthur Ashkin, Gerard Mourou, e Donna Strickland al premio Nobel 2018. Con l’ottica non-lineare (due fotoni, second-harmonic generation) e la microscopia in vivo Diaspro ci introduce nel Cap. 7 al “più grande spettacolo dopo il Big-Bang”, prendendo a prestito un’espressione di Jovanotti. Ma se con i tempi degli impulsi laser si è potuto scendere ai nano-, ai pico- e persino ai femto-secondi, come si può nello spazio aggirare il famoso limite diffrattivo e scendere col microscopio ottico dalla scala micrometrica delle lunghezze d’onda del visibile a quella dei nanometri propria delle molecole? I trucchi ce li hanno insegnati Toraldo di Francia e lo stesso Diaspro (si veda su Il Nuovo Saggiatore, Vol. 30, N. 5-6 (2014) pp. 45-51, il suo articolo Circumventing the diffraction limit): fra questi la photo-activable localization microscopy (PALM), dove l’autore ha dato fondamentali contributi, realizzando la super-risoluzione nella microscopia in fluorescenza.
Dato lo specifico interesse per la super-risoluzione nell’imaging 3D di cellule in vivo, non è sembrato necessario menzionare, a proposito di super-risoluzione, la microscopia ottica near-field, che già negli anni ’80 consentiva una risoluzione pari a 1/10 di lunghezza d’onda. L’obiettivo resta quello all’inizio della storia: mettere a fuoco metodi per seguire i processi che consentano la diagnosi di neoplasie (Cap. 9). Questi processi riguardano in particolare il DNA, la cromatina che presiede al suo impacchettamento e al rilascio dell’informazione in esso codificata, e le mutazioni del DNA senza cambio di sequenza che stanno alla base dell’epigenetica. In questo Diaspro ravvisa elementi concettuali simili all’idea di Aristotele che le forme organiche si sviluppino dal “non formato” (epigenesi). Parlando poi di bio-molecole con chiralità si giunge, a conclusione del Cap. 9, alla microscopia e spettroscopia con luce polarizzata circolarmente.
Nel decimo e ultimo capitolo del libro Diaspro offre la sua precisa visione sul futuro della microscopia: l’integrazione della microscopia multi-messaggera con l’intelligenza artificiale. Essa è riassunta in un interessante neologismo: la Liquitopy©, ossia la liquid tunable microscopy, paragonata a un gustoso minestrone alla genovese, e scaturita da un felice, quanto fortuito, incontro con Vincenzo Tagliasco (editor di Eidologia medica: computer graphics in medicine, Atti del IV Convegno Aicographics; Jackson, Milano, 1984). Con questo affascinante sguardo al futuro si conclude questo eccellente libro, che unisce alto contenuto scientifico a una vivacissima presentazione, sicuramente apprezzata da un’ampia gamma di lettori.
Meritano la lettura anche le tre pagine di ringraziamenti, di fatto tre pagine di incontri che da sole illustrano quanto può essere bella e affascinante la vita di uno scienziato; e quali vastità si possono cogliere guardando in un microscopio! Segue una preziosa appendice di Microscopia Pop con una ventina di immagini commentate mozzafiato. Sia dunque per Alberto Diaspro la citazione finale di Leonard Cohen: Thanks for the dance!
Giorgio Benedek
Università di Milano-Bicocca
- Alberto Diaspro
- Quello che gli occhi non vedono
- Il microscopio: storia di un pezzo di vetro e dell'arcobaleno
- Microscopi. Ulrico Hoepli Editore, 2020
- pp. xii + 160; € 12,90
- ISBN: 978-88-203-9566-7
- e-book: € 9,99
- ISBN: 978-88-203-9599-5