La patria ci vuole eroi, Manifesto per la rinascita di una nazione

Heinrich Heine
Sono usciti quasi contemporaneamente
due bellissimi libri su argomenti solo in
apparenza lontani tra loro, anzi vicinissimi,
come vedremo, per le considerazioni che
inducono sul tempo presente nel nostro Paese.
Il primo libro, scritto da due assai noti storici
della matematica, riguarda lo straordinario
contributo dato da famosi matematici alla
nascita dello stato unitario uscito dalle guerre
di indipendenza. Agendo non solo dalle
cattedre universitarie ma anche, e soprattutto,
nelle aule parlamentari, nei ministeri e
nelle commissioni, essi hanno atteso alla
riorganizzazione del sistema educativo e
di ricerca, che avrebbe traghettato l'Italia
dall'analfabetismo imperante all'arengo delle
nazioni industrializzate. I giovani poco inclini
alla storia patria del Risorgimento, e ancor
meno alla matematica, troveranno qui modo di
riconciliarsi con entrambe, tanto il libro è ben
scritto, e la narrazione, elegante e scorrevole,
è resa vivace dalle frequenti citazioni di frasi,
interventi e lettere dei protagonisti. Gli autori,
basandosi su una perfetta documentazione,
hanno svolto uno straordinario lavoro di
raccolta delle fonti (accuratamente citate a piè
pagina, e completate da un indice dei nomi
con relative date biografiche).
La storia inizia con Napoleone, la Repubblica
Cisalpina e la rivoluzione napoletana; poi la
Restaurazione e il Risorgimento con le guerre
di indipendenza, i Mille, i plebisciti, Porta Pia,
la legislazione dello stato unitario in materia
di istruzione e università, il progressivo
abbattimento dell’analfabetismo, la nascita
dei politecnici, della Scuola Normale di
Pisa e la rinascita dell'Accademia dei Lincei,
l'arroccamento del papato, la questione
della libertà di insegnamento, e tante altre
emblematiche vicende. La storia termina
alle soglie della prima guerra mondiale, ove
si sarebbe compiuto il Risorgimento e con
esso, ahimè, la felice stagione di quello spirito
scientifico che ha guidato il grande sviluppo
industriale. Solo un decennio più tardi i
professori dovranno giurare fedeltà al fascismo,
evento al quale hanno saputo sottrarsi solo una
dozzina di "eroi".
I meccanismi elettivi e di cooptazione
del personale politico al tempo dell'Unità
d'Italia consentirono di portare al governo
statisti di grande levatura morale e politica,
e ministri giovani, rapidi nell'agire, eppure di
vasta competenza e con una chiara visione
del futuro. Tra questi ultimi un'ampia schiera
di grandi matematici e fisici che abbiamo
incontrato sui testi universitari, prima di
sapere che erano stati eroici combattenti in
prima linea nelle guerre di indipendenza e
quindi impegnati nelle aule parlamentari e nei
ministeri: Luigi Cremona, Enrico Betti, Eugenio
Beltrami, Francesco Brioschi, Fabrizio Mossotti,
Luigi Pacinotti, per menzionarne alcuni tra i più
celebri. Betti, Pacinotti e molti altri, ad esempio,
fecero parte del celebre battaglione di studenti
toscani comandato da Mossotti che si fece
onore nel '48 contro gli austriaci: "La patria ci
vuole eroi" scriveva Mossotti a un amico.
Ma prima di loro il grande Lorenzo
Mascheroni, morto nel 1800 a soli 50 anni,
ebbe tempo di formulare per la Repubblica
Cisalpina il Piano per la pubblica istruzione
(1798), enunciando lo straordinario concetto
che essa "è come un ramo del potere nel
Governo, distinto dal legislativo, dall’esecutivo
e dal giudiziario", per aggiungere che "se
vogliamo avvilita e distrutta la superstizione
non perdiamo di vista che le scienze naturali ne
sono l'unico rimedio e l'antidoto più sicuro. ...
Tocca a noi ad assicurare sempre più la nostra
libertà aumentando quei lumi che l’hanno
prodotta". Il Piano Mascheroni ha fornito
principî guida, ai quali hanno fatto riferimento
le riforme che si sono succedute nel periodo
risorgimentale e dopo l'Unità d'Italia.
Altri celebri matematici, più giovani, si
impegnarono nelle istituzioni dopo l’Unità, da
Ulisse Dini a Vito Volterra e Federigo Enriques,
quest'ultimo sotto gli strali della crescente
filosofia idealista di Croce e Gentile. Questi
consideravano con disprezzo gli scienziati
"elettricisti", caricandosi della responsabilità,
assieme al fascismo e nonostante la riforma
Gentile, del successivo ritardo tecnologico,
solo in parte emendato dalla ricostruzione
e relativo miracolo economico del
dopoguerra. Il confronto con i tempi attuali,
cui inevitabilmente il libro di Bottazzini e
Nastasi ci costringe, è disarmante. Nei settori
dell'istruzione pubblica, dell'università e
della ricerca ci ritroviamo oggi, di "riforma" in "riforma",
di fronte a drammatici problemi
irrisolti, aggravati dall'incapacità dei politici
attuali (che differenza!) di comprendere il ruolo
fondamentale della conoscenza per la crescita
economica e civile della nazione. D'altro canto
i giovani, di fronte alle prospettive offerte
da quella parte del mondo che ha posto la
conoscenza alla base della sua economia,
non hanno alcuna intenzione di volersi eroi in
patria.

L'accostamento dei due libri è motivato dall'analogia tra un'Italia uscita dalle guerre di indipendenza e dallo stato di arretratezza in cui la lasciarono le dominazioni straniere (papale inclusa), e gli Stati Uniti usciti dalla seconda guerra mondiale e risollevatisi con il New Deal dalla Grande Depressione. In entrambi i casi gli investimenti pubblici sul fronte delle istituzioni accademiche e della ricerca fondamentale e applicata si sono rivelati insostituibili motori di sviluppo e crescente benessere.
Ancor più che il manifesto di Vannevar Bush, ampiamente conosciuto dalla comunità scientifica nella sua versione originale, merita evidenza l'eccellente saggio introduttivo di Pietro Greco, che occupa metà del libro. Molti di noi leggeranno con nostalgia queste pagine, ricordando il sostegno che gli uffici europei della marina e dell'aviazione americane offrivano a gruppi universitari per la ricerca di base. Di base ho detto, perchè, come ricorda Greco, "il rigoroso rispetto dell'autonomia della scienza da parte della US Navy si riflette nelle parole che il Cap. Conrad, Direttore della Divisione pianificazione dell'Office of Naval Research, pronuncia il 27 ottobre 1946 all'Università dell'Illinois di Urbana: "Da ciò che ho detto dovrebbe risultare chiaro che è contradditorio parlare di direzione e di controllo della ricerca. Non possiamo costruire una mappa di una regione inesplorata. È appropriato e necessario pianificare lo sviluppo del lavoro, ma un ricercatore deve seguire solo le sue spinte più interne...". Con buona pace delle agenzie europee di finanziamento pubblico della ricerca, che pretendono progetti con l'indicazione di milestones (fra un anno scopro questo, fra due quest’altro...) e finanziano su base bibliometrica! Ma anche con buona pace di nostri ministri e ministre recenti, fedeli al concetto che la ricerca universitaria deve orientarsi verso l'industria (leggi fare ricerca per l'industria con i soldi del contribuente) e non viceversa, come se tutti i grandi avanzamenti tecnologici non traessero origine da ricerca curiosity-driven.
La citazione del Cap. Conrad rende perfettamente lo spirito del manifesto e della visione di Vannevar Bush. L'ambito militare tranquillizzava i liberisti integrali rappresentati nel partito repubblicano e ferocemente contrari all'intervento dell’amministrazione federale. D’altra parte anche Truman non mostrò tentennamenti a riguardo, e il progetto di Vannevar Bush, sebbene realizzato solo in parte per l'inevitabile prezzo pagato agli equilibrî politici, è giustamente considerato il documento fondante del benessere e della supremazia tecnologica degli Stati Uniti. Ed è certamente un riferimento per le economie emergenti, ad esempio per la Cina, che sta collocando ingenti finanziamenti nella ricerca fondamentale, con il risultato di avere già un'università tra le prime dieci del mondo e porsi in diretta concorrenza con gli Stati Uniti. Pare invece che né i principi enunciati da Mascheroni, né l'esempio dei Brioschi, dei Cremona e dei Betti, né la visione di Vannevar Bush abbiano insegnato qualcosa in casa nostra. Greco dedica la parte finale del suo saggio al declino dell'Italia, lamentando che non abbiamo trovato personalità come Franklin D. Roosevelt, o Harry Truman, o Harley Kilgore, o John Steelman, e immagina di inviare al nostro presidente del Consiglio pro-tempore la stessa lettera che Vannevar Bush inviò al presidente americano. Non va cambiata una virgola, né la conclusione: "È il Governo che deve investire molto di più e molto meglio se vogliamo vincere la sfida del futuro".
Giorgio Benedek
Università di Milano-Bicocca
(1) "Il senso della primavera si comprende prima d'inverno”. Metafora con cui Heine spiega, alla fine del poema, che la libertà è un fiore del carcere, ovvero che fanno grandi cose coloro che hanno sperimentato la sofferenza.
- U. Bottazzini, P. Nastasi
- La patria ci vuole eroi
- Matematici e vita politica nell’Italia del Risorgimento
- Saggi. Zanichelli Editore, Bologna, 2013
- pp. 432, € 27,00
- ISBN 978-88-0819-491-6
- V. Bush
- Manifesto per la rinascita di una nazione
- Scienza, la frontiera infinita
- Introduzione di Pietro Greco
- Bollati Boringhieri, 2013
- pp. 149, € 12,00
- ISBN 978-88-3392-450-2