Le Scienziate delle Sezioni 2021
Il CPO della SIF, sulla scia dell'attività promossa lo scorso anno, propone nuove Scienziate a rappresentare le Sezioni del Congresso SIF 2021. Questa attività si inserisce tra le azioni che nell’ambito della cura delle eguaglianze di genere, vengono definite di “mentoring”, che servono cioè a creare quelle figure di riferimento, così importanti soprattutto per i giovani quando si effettuano delle scelte per il futuro. Proponiamo quindi esempi di donne che si sono distinte nel campo scientifico e nella fisica in particolare, che possono essere di stimolo ed emulazione alle nuove generazioni per intraprendere questi studi e queste carriere.
Il CPO ha quindi selezionato, tra le tante possibili, una scienziata per rappresentare ogni sezione del Congresso, basandosi su alcuni criteri guida. Ovvero scegliendo con preferenza tra le italiane, che per questo sono presenti in maggioranza, tra quelle che hanno dato un contributo significativo nel campo di studio di riferimento della sezione corrispondente e, infine, che abbiano avuto maggiori difficoltà ad affermarsi proprio a causa di motivazioni di genere, cioè per il solo fatto di essere donna.
Le Sezioni avranno quindi come icone queste scienziate, per le quali il CPO ha curato anche delle schede biografiche a testimonianza di quanto detto.

Chien-Shiung Wu
Shanghai, 31 maggio 1912–New York, 16 febbraio 1997
Chien-Shiung Wu è nata vicino a Shanghai nel 1912. Suo padre, un ingegnere, credeva nell’uguaglianza tra uomo e donna e istituì la prima scuola femminile della regione nella quale Chien-Shiung iniziò i suoi studi incoraggiata dai genitori. Nel 1929 fu ammessa all’Università Nazionale Centrale (che in seguito divenne Università di Nanjing) dove si laureò nel 1934 in fisica con il massimo dei voti. Nel 1936 partì per gli Stati Uniti grazie a una borsa di studio accordatale dall’Università del Michigan. Non arrivò mai nel Michigan: sbarcata a San Francisco, fece visita al dipartimento di fisica di Berkeley, accompagnata da uno studente cinese, Luke Yuan, che studiava con il professor Lawrence, costruttore del primo acceleratore di particelle, il ciclotrone. Lawrence rimase molto impressionato da Chien-Shiung, tanto da offrirle una borsa di dottorato perché restasse a Berkley. Chien-Shiung accettò. Qualche anno dopo, nel 1942, Luke Yuan divenne suo marito. Iniziò dunque il dottorato in fisica nucleare sperimentale studiando la catena di fissione dell’Uranio, seguita dal professor Lawrence e da Emilio Segrè e collaborando con scienziati del calibro di Robert Oppenheimer. Conseguì il titolo di dottore in ricerca nel 1940. In quegli anni, ad Hanford, Enrico Fermi stava studiando le reazioni di produzione di plutonio. Fermi e i suoi collaboratori però si imbattevano in un problema che non riuscivano a risolvere: dopo aver funzionato per qualche ora, la reazione si spegneva spontaneamente. Narrano le cronache che Segrè abbia consigliato a Fermi di “chiedere a Madame Wu”, la quale suggerì che uno dei prodotti della catena di fissione, lo Xenon-135, avesse un’alta sezione d’urto di cattura dei neutroni prodotti, diminuendo così la probabilità di innesco di ulteriori fissioni. Nel 1942, si spostò sulla costa orientale degli Stati Uniti seguendo il marito che aveva ottenuto un posto a Princeton. Chien-Shiung si scontrò con i pregiudizi che a quell’epoca non permettevano a una donna di insegnare nella maggior parte delle università americane. Soltanto l’accorata raccomandazione del professor Lawrence riuscì a far sì che diverse prestigiose università le offrissero un posto. Scelse Princeton, diventando la prima donna ad insegnarvi.
Nel giro di qualche mese fu assunta per il progetto Manhattan presso la Columbia University, dove si occupò dell’arricchimento dell’Uranio, ovvero della separazione dall’isotopo abbondante di Uranio-238 del più raro ma enormemente più fissile Uranio-235. Alla fine della guerra la Columbia University le offrì un posto da ricercatore senior e nel 1947 nacque suo figlio, Vincent. Negli anni successivi si dedicò allo studio del decadimento beta, quello che rimase sempre per lei “come un caro vecchio amico”. Confermò sperimentalmente la teoria elaborata da Enrico Fermi sui decadimenti beta e sulle interazioni deboli, conducendo con rigore, completa dedizione e accurata sistematicità i suoi esperimenti. Nel 1956, per spiegare alcune osservazioni sperimentali su alcune particelle appena scoperte, i fisici Tsung-Dao Lee e Chen-Ning Yang ipotizzarono che la parità potesse non essere conservata nelle interazioni deboli. Chien-Shiung decise di mettersi al lavoro per verificare sperimentalmente questa ipotesi, utilizzando un isotopo del Cobalto. L’esperimento doveva essere effettuato a temperature prossime allo zero assoluto (-273.15 ℃) e Chien-Shiung propose di collaborare con un gruppo, il National Bureau of Standards di Washington, dove avevano le attrezzature necessarie all’esperimento che intendeva effettuare. L’esperimento fu pronto in un paio di giorni dopo il Natale 1956, le misure vennero ripetute e controllate scrupolosamente per giorni. Il 9 gennaio 1957 il gruppo guidato da Chien-Shiung annunciò che la parità non era conservata nelle interazioni deboli. Fu una scoperta sensazionale, che ribaltava ancora una volta le certezze del mondo della fisica e apriva nuovi scenari. Nello stesso anno Lee e Yang ricevettero il premio Nobel per la scoperta. Il riconoscimento purtroppo era stato dato solo a chi aveva formulato la teoria e lei, che aveva condotto il cruciale esperimento, era stata dimenticata. Fu la prima vincitrice donna del Premio Wolf per la fisica nel 1978, per aver condotto l'esperimento che porta il suo nome e la prima presidentessa della American Physical Society. Negli anni seguenti della sua carriera scientifica studiò gli atomi esotici e, nell’ultimo periodo, passò alla biofisica studiando le anomalie nell’emoglobina in caso di anemie. Dopo essersi ritirata dalla vita accademica, iniziò a girare il mondo spendendosi per raccontare e testimoniare come con determinazione, impegno e dedizione era riuscita a entrare in un mondo che era precluso alle donne, sensibilizzando e ispirando ragazze e donne di tutto il mondo. Morí nel 1997, le sue ceneri, come per sua volontà, sono conservate nel cortile della scuola fondata da suo padre per permettere a lei e alle altre bambine della regione di studiare.
Foto Chien Wu: Science History Image/Alamy Stock Photo

Cornelia Fabri
Ravenna, 9 settembre 1869–Firenze, 24 maggio 1915
Cornelia Fabri nacque a Ravenna il 9 settembre 1869 da Ruggero, che era stato assistente del fisico Paolo Volpicelli a Roma, e da Lucrezia Satanassi de Sordi. Fin da piccola mostrò interesse e predisposizione per le materie scientifiche, per cui il padre la fece iscrivere all’istituto tecnico di Ravenna, dove era l’unica ragazza in una classe di maschi. Fu poi ammessa all’Università di Pisa, dove fu allieva del grande fisico matematico Vito Volterra e dove, dopo aver superato tutti gli esami con il massimo dei voti, fu la prima donna a laurearsi in matematica, il 30 giugno 1891, a pieni voti assoluti e con lode, suscitando anche l’ammirazione di Antonio Pacinotti.
Seguì dapprima le orme del suo maestro Volterra, dedicandosi all’appena nata analisi funzionale, poi negli anni successivi alla laurea si rivolse all’idraulica, non soltanto a livello teorico con lo studio dei moti vorticosi nei fluidi perfetti e in quelli viscosi, cui dedicò quattro articoli pubblicati su Il Nuovo Cimento, ma anche in aspetti applicativi, con uno studio relativo alla realizzazione di una chiusa sul fiume Montone, nel Ravennate. Nel 1895 fu anche ammessa per un anno alla Scuola Normale Superiore, al fine di ottenere la licenza all’insegnamento.
Dopo alcuni anni di studio intenso, accompagnato da un costante scambio epistolare con Volterra, che la considerava la sua migliore allieva e che continuò a seguirne il lavoro anche dopo il proprio trasferimento da Pisa a Torino nel 1893, nel 1902, alla morte della madre, Cornelia lasciò la carriera accademica per tornare a Ravenna e alla morte del padre nel 1904 si dovette dedicare a curare le proprietà di famiglia. Cessata ormai ogni corrispondenza scientifica, Cornelia si rivolse sempre più ad opere di carità, di pietà e di preghiera, e dal 1908 iniziò a frequentare a Pisa il monastero dell’ordine della Visitazione.
Morì a Firenze il 24 maggio 1915, a causa di una polmonite.
Un lungo elogio di Cornelia Fabri, ad opera di Vito Volterra, fu pubblicato nel 1925 a Ravenna, che le ha dedicato anche il nome di una via.
Foto Cornelia Fabri

Margherita Hack
Firenze, 12 giugno 1922–Trieste, 29 giugno 2013
Margherita Hack nasce a Firenze il 12 giugno 1922. Il padre, di origine svizzera e protestante, lavorava come contabile mentre la madre, diplomata all’Accademia delle Belle Arti, produceva miniature per i turisti delle opere della Galleria degli Uffizi. La Hack studia al Liceo Classico “Galileo Galilei” di Firenze e poi si iscrive alla Facoltà di Lettere, che abbandona quasi subito per passare a Fisica. In questa disciplina si laurea nel 1945 a Firenze, con una tesi sulle stelle variabili Cefeidi svolta presso l’Osservatorio Astronomico di Arcetri sotto la supervisione del Professor Giorgio Abetti. La giovane Hack si distingue per le attività sportive, per le quali riceve anche alcuni riconoscimenti nell’atletica nel campionato universitario. Gli anni degli studi sono resi molto difficili dall’avvento del fascismo e dalla seconda guerra mondiale. Il padre rimane disoccupato per aver rifiutato la tessera del partito fascista ed è prevalentemente la madre a mantenere la famiglia. Nonostante le difficoltà, la Hack riesce a laurearsi e a iniziare un’attività di ricerca pionieristica nel campo della spettroscopia stellare, della quale diverrà un’esperta mondiale. Dal 1945 al 1954 insegna come docente a contratto all’Università di Firenze fino a ottenere la libera docenza e una cattedra nella succursale di Merate dell’Osservatorio di Brera. Il decennio seguente segna il suo affermarsi come scienziata di grandissimo spessore, grazie anche a vari soggiorni e collaborazioni con prestigiose istituzioni straniere (Parigi, Berkeley, Princeton, Utrecht). In carriera, la Hack conta più di 250 articoli scientifici, alcuni dei quali (come il libro Stellar Spectroscopy in collaborazione con O. Struve) sono ancora oggi considerati testi fondamentali dell’astrofisica stellare. Nel 1964 vince il concorso da professore ordinario presso l’Università di Trieste, dove rimarrà tutta la vita. Nello stesso anno viene nominata direttrice dell’Osservatorio Astronomico di Trieste (prima donna in Italia a dirigere un osservatorio) che riorganizza e trasforma in pochi anni in un centro scientifico di eccellenza. Nel 1980 fonda a Trieste l’Istituto di Astronomia, che diverrà successivamente un Dipartimento, e che lei dirigerà per un decennio. I suoi meriti scientifici sono stati riconosciuti dalla Repubblica italiana con la “Medaglia ai benemeriti della cultura e dell'arte” nel 1998. Nel 2012 viene infine nominata “Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana” per il suo impegno scientifico. Per vari anni fa parte dell’Accademia dei Lincei.
Dagli anni ‘60 la Hack inizia un’intensa attività di divulgazione che l’ha portata a essere uno dei volti dell’astronomia più noti al pubblico. Nel 1978 fonda la rivista di divulgazione astronomica “L’astronomia” e in seguito, assieme a C. Lamberti, “Le Stelle”. Pubblica decine di libri divulgativi, per i quali riceve numerosi riconoscimenti, e collabora con vari quotidiani e televisioni pubbliche e private.
La Hack è nota anche per un’intensa attività politica e sociale. Vegetariana fin dalla giovane età, si è sempre battuta per i diritti degli animali. Da attivista politica indipendente si è presentata varie volte alle elezioni, sia amministrative sia politiche, con varie formazioni di sinistra. Nel 2006 viene eletta alla Camera dei Deputati, carica alla quale rinuncia per non interrompere la propria attività di ricerca. La Hack non ha mai nascosto le sue convinzioni saldamente atee e razionaliste e ha fatto parte per vari anni del direttivo del CICAP. La Hack è sempre stata in prima linea per i diritti degli omosessuali, per il diritto all’eutanasia e il testamento biologico, spesso in aperto contrasto con forze politiche conservatrici e autorità religiose.
Margherita Hack ha continuato a occuparsi di scienza, divulgazione e diritti civili fino agli ultimi giorni della sua vita, terminata a 91 anni, il 29 giugno 2013 a Trieste.
Foto Margherita Hack

Inge Lehmann
Copenaghen, 13 maggio 1888–Copenaghen, 21 febbraio 1993
Inge Lehemann è la prima geofisica della storia.
Nasce in una importante famiglia danese (un suo bisnonno era governatore della Banca nazionale), ed è figlia di Alfred Lehmann, professore di Psicologia dell’Università di Copenaghen.
Segue gli studi superiori presso una scuola a indirizzo pedagogico progressista diretta da Hanna Adler, una zia di Niels Bohr, che ha su di lei grande influenza intellettuale. Studia matematica e fisica alle Università di Copenhagen e di Cambridge, dove si trova a dover accettare le severe restrizioni adottate per le ragazze. È costretta da problemi di salute a interrompere gli studi, ripresi solo dopo alcuni anni. Si appassiona poi agli studi di geologia e nel 1925 ed inizia la collaborazione con lo studioso di geodetica Niels Erik Nörlund, direttore del Gradmaalingen, (l’istituto geodetico che aveva il compito di misurare l’arco di meridiano in Danimarca), che gli affida l’allestimento di osservatori sismologici in Danimarca e Groenlandia.
Nel 1928, superato l’esame di geodesia, entra come geodetica di stato e capo del dipartimento di sismologia all’Istituto Geodetico di Danimarca.
È in questo periodo che ottiene i suoi più importanti risultati scientifici.
È la prima ad interpretare le cosiddette onde sismiche P, come onde di riflessione da strati interni compatti.
Ma i contribuiti scientifici più importanti della studiosa danese, si hanno nel 1936 sulla struttura del nucleo terrestre. Intuisce e dimostra infatti che il nucleo è costituito da due zone, un involucro esterno, che ha il comportamento di un liquido (come già era noto), e uno interno, che si comporta come un solido: la separazione tra i due strati avviene a circa cinquemila chilometri di profondità, in quella che ora è conosciuta come discontinuità di Lehmann.
Successivamente, la seconda guerra mondiale e l’occupazione della Danimarca da parte delle forze armate naziste la costringono a interrompere l’attività di ricerca.
Nel 1953, Inge Lehmann parte per gli Stati Uniti dove rimane per diversi anni collaborando con Maurice Ewing e Frank Press circa le indagini sulla crosta e sul mantello superiore della Terra.
Scrisse il suo ultimo articolo (Seismology in the Days of Old) all’età di 99 anni, nel 1987.
Per le sue ricerche e competenze, Lehmann ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali: tra i più prestigiosi l’ingresso nella Royal Society nel 1969 come foreign member , e l’award per la sismologia dedicato a Harry Oscar Wood nel 1960; le furono inoltre assegnati la medaglia Emil Wiechert (1964), la medaglia d'oro dalla Società Reale Danese di Scienze e Lettere (1965), il Tagea Brandt (femminista danese) Rejselegat (1938 e 1967), l’elezione come Membro della Società Reale (1969), la medaglia William Bowie (1971, prima donna a riceverla) e la medaglia della Società Sismologica Americana (1977).
Inoltre le furono assegnati dottorati honoris causa dalla Columbia University, New York, nel 1964 e dall’Università di Copenaghen nel 1968.
L’asteroide 5632 fu chiamato Ingelehmann in suo onore; per la stessa ragione, un luogo lungo la U.S. Route 1 e un ponte ad Aventura, entrambi in Florida, portano il suo nome.
Nel 1997 la American Geophysical Union stabilì la Inge Lehmann Medal per onorare “notevoli contributi resi per la comprensione della struttura, composizione e dinamica del mantello e del nucleo della Terra”.
Foto Inge Lehmann

Ida (Ducci) Ortalli
Parma, 1 giugno 1932–Parma, 13 aprile 2017
Ida Ortalli si è laureata in Fisica presso l'Università di Parma il 18 luglio1958. Partecipò agli esperimenti di Carlo Castagnoli sulle emulsioni nucleari, e collaborò nel 1959 e 1960 alla costituzione del Gruppo Emulsioni Nucleari dell'Università di Parma per lo studio delle particelle elementari e del fall-out. Negli anni 1962-1963 al CERN di Ginevra, in qualità di Visiting Professor, ha partecipato agli esperimenti sulla cattura radiativa di mesoni μ nel gruppo di Marcello Conversi. Risale a quei tempi il suo incontro con Nicola Cabibbo e Antonino Zichichi che diventeranno i suoi amici di una vita. Nel 1963, costituì a Parma il primo laboratorio italiano di spettroscopia Mössbauer. Tra le sue ricerche sperimentali vanno ricordate quelle sulle proprietà magnetiche dei composti intermetallici, sulle proprietà chimico-fisiche dei semiconduttori, sui semiconduttori termoelettrici e sui semiconduttori per rivelatori di infrarossi, nonché quelle su meteoriti e reperti archeologici.
Conseguì la Libera Docenza in Fisica Generale nel 1967, nello stesso anno vinse un concorso a Professore di Fisica Generale. Dopo le sue ricerche al CERN, nel 1969 passò a studi di fisica della materia, e con una fellowship del CNR svolse un soggiorno a Parigi, nel Laboratorio di Magnetismo e Semiconduttori del CNRS, dove si dedicò all’indagine delle proprietà magnetiche della materia. Collaborò con l'Istituto MASPEC del CNR dalla sua fondazione.
Nel 1977 diventò Professore Straordinario di Fisica, all'Università di Ferrara prima e poi dal 1978 a Parma. Nel 1980 diventò Professore Ordinario di Fisica. Nel 1977 scoprì la prima evidenza delle tre transizioni di fase in SnTe, che portò a una sua collaborazione con il Central Research Laboratory della Hitachi Ltd, a Tokyo, in Giappone. Nel contesto della fisica della materia passò allo studio dei materiali biologici e alla fisica interdisciplinare biomedica di cui fu una vera pioniera. Tra i suoi studi di maggior rilievo figuravano gli studi cellulari per patologie ematologiche neoplastiche e per patologie oncologiche. Altri importanti risultati li ottenne studiando gli effetti delle terapie per la beta-talassemia ed anche gli effetti indotti dagli stress ossidativi in patologie tumorali. In ambito accademico, all’Università di Parma, è stata: Direttrice fondatore dell’Istituto di Scienze Fisiche della Facoltà di Medicina; Direttrice del Dipartimento di Sanità Pubblica; Direttrice fondatore della Scuola Diretta a Fini Speciali in Fisica Sanitaria; Presidente fondatore del Corso di Laurea in Tecniche della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro; responsabile del Servizio di Fisica Sanitaria. Tra i suoi incarichi anche quello di responsabile scientifico dell’Unità Risonanze Magnetiche del GNSM-CNR.
Consigliere della SIF dal 1983 al 1994, Ducci Ortalli è stata il primo Consigliere donna nella storia della SIF, sotto la presidenza di Renato Angelo Ricci. In campo internazionale, è stata componente del Council dell’EPS in rappresentanza della SIF, componente dell’importante Panel ASI/ARW nella Divisione Affari Scientifici della NATO, componente del Consiglio di Presidenza del World Laboratory. Nel quadro del World Laboratory, negli anni ‘90 fece parte di una delegazione di scienziati che si recò a ispezionare i luoghi del disastro di Chernobyl. Fu un’assidua frequentatrice dei Seminari Internazionali sulle Emergenze Planetarie, organizzati a Erice da Zichichi presso il Centro Majorana. Nel corso delle sue attività internazionali, con la sua intelligenza, la sua vivacità e il suo carattere, strinse rapporti di stima e amicizia con i Nobel Pierre-Gilles De Gennes, Rudolf Mössbauer e Tsung Dao Lee. Fu nominata Socio Benemerito della SIF nel 2003, per i contributi dati alla scienza e alla Società di cui restò sempre grande amica e sostenitrice.
La sua attività è documentata da circa 130 lavori pubblicati su riviste internazionali, comunicazioni a Congressi internazionali e nazionali.
Foto Ida Ortalli: Società Italiana di Fisica

Ada Lovelace
Londra, 10 dicembre 1815–Londra, 27 novembre 1852
Ada Lovelace è considerata la madre dei programmi di calcolo. Nacque nel 1815 in Inghilterra, da Annabella Milbanke, cultrice delle scienze, e dal poeta George Byron, che praticamente Ada non conobbe mai. Fu fortemente indirizzata agli studi scientifici dalla madre, cosa inusuale per una donna del XIX secolo in Inghilterra. Il rapporto difficile con quest’ultima, la crescente curiosità e la sua passione per la matematica e per la risoluzione di problemi di meccanica la portarono a cercare un confronto scientifico con altre persone, al di fuori della sua famiglia. Iniziò così una fitta corrispondenza con la scienziata Mary Somerville, che rappresenterà sempre il suo ideale di scienziata, e con il matematico Augustus De Morgan, con il quale inizierà ad interessarsi di logica e algebra.
A vent’anni sposò William King, conte di Lovelace. Ada era una donna determinata e desiderosa di realizzare qualcosa di importante nel campo della ricerca. Il forte interesse per la matematica caratterizzerà la sua intera esistenza. La salute cagionevole, i tre figli, che ben presto nacquero, e gli obblighi di società che aveva come contessa di Lovelace non la fermarono.
Fondamentale fu per lei l’incontro nel 1833 con Charles Babbage, celebre inventore che aveva progettato diversi modelli di macchina calcolatrice, differenziale e analitica. Se il lavoro di Babbage conquista e incuriosisce Ada, allo stesso tempo Babbage la definirà “incantatrice di numeri” riconoscendole una grande capacità matematica e con lei inizia a collaborare allo studio dei suoi modelli di macchina calcolatrice. L’amicizia fra i due fu di grande stimolo per entrambi e corredata da un’ampia corrispondenza scientifica a tutt’oggi non ancora pubblicata.
Proprio per il suo talento matematico e per la conoscenza approfondita delle macchine di Babbage, le fu affidata la traduzione in inglese di una monografia dell’italiano Menabrea che illustrava l’“Analytical Engine”, la macchina calcolatrice analitica. Lo stesso Babbage le consigliò di corredare la traduzione di disegni e dei suoi appunti e note. Le annotazioni furono più estese del testo originale, e furono pubblicate nel 1843 nelle Taylor’s Scientific Memoirs.
Nel libro, Ada descrisse tutti problemi che potevano, a suo giudizio, essere risolti con la nuova macchina, che lei intuì potesse operare non solo con numeri, ma anche con simboli astratti, andando in tal modo ben al di là di ciò che lo stesso Babbage aveva pensato per la sua macchina. Al tempo stesso, in una nota alla fine del libro Ada elaborò i principi in base ai quali le operazioni di calcolo potevano essere organizzate e ripetute, sviluppando così un algoritmo che doveva consentire alla macchina analitica il calcolo di elementi della serie di numeri di Bernoulli. L’algoritmo rappresenta il primo programma di calcolo della storia. Inoltre questa pubblicazione consentì una diffusione del lavoro di Babbage verso una più ampia platea scientifica.
Dagli scritti di Ada, oltre alle sue capacità di guardare in avanti verso un futuro applicativo più ampio, si percepisce la sua forte convinzione dell’esistenza di un legame tra numeri e natura, tra poesia e matematica.
Peggioramenti nel suo stato di salute, forti mal di testa, la costrinsero spesso a letto, trovando sollievo solo nella morfina, ma senza allontanarla mai del tutto dai suoi lavori scientifici. A trentasei anni morì di cancro all’utero.
Nonostante il suo contributo alla ricerca e alla divulgazione scientifica sia stato molto importante (Alain Turing prenderà spunto per i suoi studi dal libro tradotto da Ada), solo nel 1979 il governo americano onorerà la sua memoria e il suo lavoro chiamando “Ada” un linguaggio di programmazione sviluppato per il Pentagono.
Dal 2009 è stata istituita una giornata internazionale (il secondo giovedì di ottobre) dedicata ad Ada Lovelace e a tutte le donne che si sono distinte nelle discipline STEM (science, technology, engineering, and maths).
Foto Ada Lovelace: portrait by Alfred Edward Chalon, painting, c1840. Credit incamerastock/Alamy Stock Photo

Nella Mortara
Pisa, 23 febbraio 1893–Roma, 2 luglio 1988
Nella Mortara nacque a Pisa il 23 febbraio 1893 da Lodovico, insigne giurista, e da Clelia Vivanti.
Frequentò il Liceo “Visconti” di Roma e si laureò in fisica a Roma nel 1916.
Nel 1919 divenne assistente di Orso Mario Corbino all’Istituto fisico di Roma, posizione che mantenne fino al 1937, mentre negli anni 1937-1938 fu assistente di Antonino Lo Surdo. Nel 1938 chiese il collocamento a riposo per motivi di salute. Fu libera docente in fisica sperimentale dal 1934 al 1938, e dal 1933 al 1937 occupò la cattedra del corista uniforme e tenne un corso di misure di grandezze fisiche. Fu però dichiarata decaduta dalla libera docenza, a partire dal 14 dicembre 1938, per effetto delle leggi razziali. Si rifugiò allora in Brasile presso il fratello maggiore Giorgio, ma fece ritorno in Italia nel 1941 e dovette poi trascorrere quasi un anno in clandestinità tra il 1943 e il 1944.
Il 25 maggio 1945 fu riassunta nel posto di assistente di ruolo a Roma. Tenne il corso di esercitazioni di fisica sperimentale fino al 1958, quando si trasferì ai laboratori di fisica dell’Istituto Superiore di Sanità, dove rimase a collaborare per altri venti anni, sotto la direzione prima di Giulio Cesare Trabacchi e poi di Mario Ageno, come assistente di Daria Bocciarelli al reparto di microscopia elettronica.
Morì a Roma il 2 luglio 1988.
Svolse attività di ricerca in tutti i settori applicativi all’epoca importanti, e in particolare nell’ambito della fisica medica. Inizialmente si occupò dei tubi per raggi X impiegati in radiografia, studiando le curve tensione-corrente per una varietà di tubi in produzione nel mondo. In collaborazione con Elena Freda affrontò un problema simile per il caso dell’arco di un dispositivo di Duddell.
Tra i suoi compiti principali ci fu peraltro la direzione della Scuola pratica, e dal 1925 il compito di monitorare il corista uniforme. In seguito, si occupò delle tecniche radiologiche necessarie per l’estrazione e la purificazione dell’emanazione di radio, necessaria per la cura del cancro, e offrì un contributo importante sugli apparecchi per la taratura dei preparati radioattivi mediante raggi gamma. Effettuò anche ricerche di acustica musicale, costruendo un ingegnoso apparecchio grafico per la registrazione delle frequenze.
Foto Nella Mortara