Legislazione CPO

I primi CPO nascono alla fine degli anni '80, ma la regolamentazione normativa inizia con la Legge del 10 aprile 1991, n. 125 "Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro", che istituisce presso il Ministero del Lavoro il Comitato nazionale per l’attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici.

Bisogna però arrivare al Decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 "Codice delle pari opportunità tra uomo e donna" perché si stabilisca che i Comitati pari opportunità devono partecipare alla redazione dei Piani triennali di azioni positive, alla cui stesura sono tenute le Amministrazioni Pubbliche, ma anche le Università e gli Enti di Ricerca, strumenti di programmazione di interventi specifici volti alla piena realizzazione delle pari opportunità tra donne e uomini sul lavoro.

Parallelamente ai Comitati Pari opportunità, nel 2002 sono nati i "Comitati Paritetici sul fenomeno del mobbing", atti a vigilare sul mobbing, inteso come forma di violenza da parte dei datori di lavoro o di dipendenti stessi nei confronti dei lavoratori.

Recentemente la Legge 183/2010 prevede la costituzione del "CUG - Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni", che sostituisce, unificandone le competenze in un unico organismo, i comitati per le pari opportunità e i comitati sul fenomeno del mobbing, dei quali assume tutte le funzioni previste dalla legge.

Parole Chiave

Parità di trattamento: trattamento equo in base al genere, inteso come divieto di discriminazione fondata sul sesso, riguardo a tutti i momenti del ciclo lavorativo (assunzione, avanzamenti, aggiornamento, ecc.); parità di retribuzione per donne e uomini per lavori uguali o di uguale valore; tutela rispetto a lavori pesanti, maternità/paternità, lavoro notturno.

Pari opportunità: assenza di ostacoli, fondati sull’appartenenza ad un sesso o all’altro, alla partecipazione alla vita economica, politica e sociale, in un’ottica di uguaglianza sostanziale. Discriminazione diretta: atto, patto o comportamento che produca un effetto dannoso per lavoratrici o lavoratori, a causa dell’adozione nei loro confronti di comportamenti differenziati in ragione del sesso delle/degli interessate/i.

Discriminazione indiretta: disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento apparentemente neutri, che in realtà mettono una lavoratrice o un lavoratore in posizione di particolare svantaggio rispetto ad una lavoratrice o un lavoratore dell’altro sesso in situazione analoga. Non si tratta di discriminazioni se i requisiti in questione sono essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa, se l’obiettivo che giustifica il trattamento differenziato è legittimo e se i mezzi impiegati per il suo conseguimento sono appropriati e necessari.

Azioni positive: misure, interventi, iniziative o progetti che mirano concretamente a promuovere la rimozione degli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità sul lavoro.

Mainstreaming di genere: collocazione centrale e considerazione sistematica delle situazioni, delle condizioni e delle esigenze, rispettivamente, di donne e uomini in ogni momento del processo di programmazione, realizzazione, monitoraggio e valutazione delle politiche, allo scopo specifico di promuovere l’uguaglianza tra i due generi.